Il premier Abiy Ahmed si rimangia le parole: nella regione ci sono forze di Asmara. L’ammissione dopo mesi di pressioni internazionali. E ora si inizia a indagare sui massacri di civili compiuti in questi mesi
di Marco Santopadre
Roma, 30 marzo 2021, Nena News – Sia il dittatore eritreo Isaias Afewerki sia il premier etiope Abiy Ahmed hanno negato per cinque mesi la partecipazione delle truppe di Asmara alle operazioni militari contro il Fronte Popolare di Liberazione, lanciate a novembre da Addis Abeba nella regione ribelle settentrionale del Tigray.
Ma le pressioni internazionali, le denunce di ong e testimoni oculari e forse anche il tentativo di concentrare l’attenzione sul ruolo dell’esercito eritreo per allontanarla dalle responsabilità di quello etiope, hanno convinto il premio Nobel per la Pace ad ammettere ciò che aveva risolutamente negato fino a pochi giorni fa.
La scorsa settimana Ahmed ha prima riconosciuto, nel corso di un intervento in Parlamento, che effettivamente in Tigray sono presenti truppe eritree e poi, venerdì, ha annunciato di aver concordato con Afewerki il loro “immediato ritiro”. “Durante la mia visita ad Asmara, il governo dell’Eritrea ha accettato di ritirare le sue forze fuori dal confine etiope”, ha detto Ahmed che poi ha aggiunto: “Le forze di difesa nazionale etiopi assumeranno il controllo delle aree di confine con effetto immediato”.
Abiy ha anche ammesso che alcuni militari etiopi hanno compiuto abusi contro i civili assicurando però che i responsabili delle atrocità commesse da «entrambe le parti» saranno «chiamati a renderne conto».
La dichiarazione è arrivata dopo mesi di crescenti pressioni da parte dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e di alcuni paesi africani e l’apertura di un’indagine indipendente congiunta – da parte della Commissione Etiope dei Diritti Umani e dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Diritti Umani – sulle atrocità denunciate dalle Nazioni Unite e da varie organizzazioni internazionali.
Da subito, nonostante il totale blackout informativo imposto da Addis Abeba, erano trapelate testimonianze che accusavano soprattutto le truppe eritree ma anche quelle federali etiopi di saccheggi, stupri di massa, arresti arbitrari e omicidi. Le autorità dei due paesi hanno sempre ribattuto che si trattava di false denunce frutto della propaganda del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray. Inoltre finora il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non è stato in grado di adottare una dichiarazione congiunta sulla vicenda, a causa in particolare del veto di Russia e Cina.
All’inizio di marzo il segretario di stato americano Antony Blinken aveva denunciato la “pulizia etnica” in atto, e Human Rights Watch e Amnesty International avevano accusato le forze eritree di aver ucciso centinaia di civili nella città tigrina di Axum (a 200 km dal capoluogo tigrino Mekelle), il 28 e il 29 novembre dello scorso anno.
La stessa Commissione Etiope per i Diritti Umani (Ehrc) ha documentato le uccisioni di civili e in particolare la strage compiuta ad Axum dalle truppe eritree che il 4 novembre scorso, data di inizio delle operazioni militari lanciate dal governo etiope contro il governo regionale, hanno invaso il Tigrai da nord per stringere le forze del TPLF in una morsa.
Nonostante tra il 1998 e il 2000 Etiopia ed Eritrea si siano scontrate in una guerra costata almeno centomila morti, Abiy Ahmed è stato molto abile a orientare la vendetta di Asmara contro il TPLF, che per alcuni decenni ha controllato le istituzioni federali etiopi prima di essere estromesso dal giovane leader al potere dal 2018.
L’ultima testimonianza diretta risale al 23 marzo, quando alcuni operatori di “Medici senza Frontiere” presenti in Tigrai hanno assistito all’uccisione di 4 civili inermi, fatti scendere da alcuni autobus pubblici e giustiziati sommariamente da alcuni soldati etiopi.
L’autorizzazione concessa alcune settimane fa ad alcune grandi testate giornalistiche e alle agenzie umanitarie internazionali per l’ingresso nel territorio tigrino hanno inoltre confermato le violenze compiute dalle truppe di Asmara contro i circa centomila rifugiati eritrei ospiti di quattro campi profughi. Circa 15mila esuli – rifugiatisi negli anni scorsi in Etiopia per sfuggire alle persecuzioni di Afewerki – sono stati rimpatriati a forza dai soldati eritrei e alcuni di loro sarebbero stati uccisi, mentre i campi di Hitsats e Shimelba sono stati distrutti.
Già dalla firma del trattato di pace tra Etiopia ed Eritrea nel 2018, Ahmed aveva bloccato l’accoglienza degli esuli di Asmara accusando l’opposizione eritrea di reclutare, nei campi profughi situati a poche decine di chilometri dal confine, attivisti da inviare oltrefrontiera contro il regime di Afewerki. Nel settembre del 2020 Ahmed aveva anche tentato di chiudere uno dei quattro campi profughi esistenti: secondo lui il TPLF inviava propri militanti armati a dare manforte agli oppositori eritrei approfittando della comune origine etnica e linguistica delle due popolazioni.
L’intervento del governo etiope e delle truppe di Asmara in Tigrai sembra indissolubilmente legato alle crescenti tensioni che attraversano il Corno d’Africa e alla formazione di due schieramenti contrapposti a livello regionale. Secondo varie fonti, lo scorso 6 marzo il primo ministro etiope Ahmed avrebbe compiuto una visita non ufficiale a Giuba, capitale del Sud Sudan, insieme ad Afewerki.
Incontrando il presidente sud sudanese Salva Kiir i due capi di stato avrebbero sondato il terreno per la realizzazione di un’alleanza militare opposta a quella recentemente formata dall’Egitto e dal Sudan, entrambi entrati in rotta di collisione con l’Etiopia a causa del contenzioso sulle acque del Nilo, che Addis Abeba intende utilizzare per alimentare una gigantesca centrale idroelettrica privando così Il Cairo e Khartoum di importanti fonti idriche. Nena News