Non solo il conflitto in Tigray, il 32% del paese è teatro di attacchi contro le minoranze: civili uccisi, sfollati interni. E il governo, incapace di reagire, si affida alle milizie
di Federica Iezzi
Roma, 18 settembre 2021, Nena News – Mentre le recenti elezioni parlamentari hanno dimostrato una schiacciante vittoria del Prosperity Party, guidato dal premier Abiy Ahmed, la violenza delle molteplici insurrezioni attive in Etiopia continuano a sopraffare e destabilizzare l’intero Paese. Il voto è stato ostacolato in diverse località etiopi a causa dei violenti scontri in corso. I partiti di opposizione hanno boicottato le elezioni in seguito a abusi, detenzioni arbitrarie e sparizioni.
Il governo centrale ha perso il controllo del capoluogo regionale del Tigray, la città di Mekele, a seguito di una pesante offensiva da parte del Tigray People’s Liberation Front (TPLF), rendendo ancora più arduo il percorso di un plausibile puzzle politico. Le truppe federali etiopi hanno combattuto numerose insurrezioni in tutto il Paese nel 2021. Nel Tigray, hanno spinto il TPLF dalle loro roccaforti nelle principali città della regione. Tuttavia, le operazioni militari sono precipitate in un pantano per il governo Abiy, quando il TPLF ha lanciato un’insurrezione paralizzante.
L’amministrazione della zona del Tigray occidentale è stata a lungo contesa tra i gruppi etnici Tigrini e Amhara, ancor prima dell’inizio dell’ultimo conflitto nel novembre 2020. Il TPLF ha insistito sul ritiro di tutte le forze Amhara dai confini statali regionali del Tigray e sul ritorno ad uno status quo, condizione non accettata dalla regione Amhara.
Per mantenere il controllo territoriale, l’Etiopia ha dovuto affrontare forti pressioni diplomatiche, comprese una serie di pesanti sanzioni, a causa del coinvolgimento delle truppe eritree nei combattimenti, di attacchi indiscriminati ai danni di obiettivi civili e di atti di violenza sessuale. Inoltre le autorità federali e regionali sono state costrette a lottare per contenere le insurrezioni minori nelle regioni di Oromia, Benshangul/Gumuz e Southern Nations, Nationalities and Peoples Region (SNNPR).
In ogni caso, gli attacchi contro le minoranze etniche sono aumentati esponenzialmente in tutto Paese. Il 32% dell’Etiopia oggi sta vivendo una sorta di violenza politica. Gravi violenze sono scoppiate anche in aree di territorio conteso tra la regione nordorientale degli Afar e la regione sudorientale dei Somali, nonché nella regione centrosettentrionale di Amhara. Centinaia di civili hanno perso la vita e si contano migliaia sfollati interni.
Secondo l’ultimo report del The Armed Conflict Location & Event Data Project, rimangono al centro dell’attenzione del governo: il controllo territoriale, la secessione e le politiche identitarie, insieme alla gestione della sicurezza e le relazioni internazionali.
Il quadro più preoccupante è quello legato all’esercito federale, costretto a fare affidamento su gruppi armati al di fuori della propria struttura militare. Ciò riguarda principalmente le forze di polizia note come Liyu, inviate in missioni di combattimento in aree al di fuori della propria regione d’origine. Le milizie regionali e i loro programmi non sono necessariamente allineati alla sopravvivenza del governo Abiy, anzi operano appoggiate a diverse fazioni all’interno della loro regione d’origine. Sottolineando la natura conflittuale del riconoscimento amministrativo in numerose regioni etiopi, il governo Abiy continua a non essere in grado di sostenere un cambiamento tangibile nel processo di federalismo del Paese. Nena News
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