Prosegue l’operazione contro le montagne del nord iracheno, ma il bilancio di uccisi tra i militari turchi sale. Intanto la città di Suleymaniya si solleva contro l’offensiva di Erdogan. In pochi mesi le autorità saudite hanno lasciato senza un tetto sulla testa centinaia di migliaia di residenti dei quartieri sud della città per fare spazio a nuovi progetti di sviluppo urbanistico
di Chiara Cruciati
Roma, 22 aprile 2022, Nena News
Ankara continua a bombardare. Pkk: «Uccisi 100 soldati turchi»
Continuano i bombardamenti turchi sulle montagne del nord iracheno, base militare e ideologica del Pkk, il Partito curdo dei lavoratori. Secondo il movimento, dal 17 aprile scorso – inizio dell’operazione «Blocco dell’artiglio», seguita all’incontro ad Ankara tra il presidente turco e il premier del Kurdistan iracheno Barzani – sono stati compiuti almeno 150 bombardamenti e un tentativo di invasione via terra, supportato dai peshmerga di Erbil. Ma a salire è anche il bilancio dei soldati turchi uccisi: se il governo turco tiene fermo il conteggio ad appena due, per il Pkk sono almeno cento, di cui sei alti ufficiali.
E se Barzani e il suo partito, il Kdp, proseguono sulla via della cooperazione totale con Ankara, a Suleymaniya – città orientale del Kurdistan iracheno, dominata dal partito rivale del Puk – si manifesta contro gli attacchi turchi: martedì sera migliaia di persone hanno marciato per le strade denunciando l’offensiva aerea sulla regione montagnosa di Medya e la collaborazione del premier Masrour Barzani. Che non è stato accolto a braccia aperte nemmeno a Londra, dove è andato in visita al premier Johnson. Ad attenderlo decine di manifestanti che hanno gridato slogan contro quello che definiscono un «tradimento» della causa curda.
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Sgomberi improvvisi e demolizioni per fare spazio alla «nuova» Gedda
Tra fine 2021 e inizio 2022, le autorità saudite hanno lanciato una vasta campagna di demolizioni e sgomberi nei quartieri meridionali della città portuale di Gedda. A rivelarlo è l’associazione saudita Alqst, a seguito di una serie di interviste con i residenti che denunciano la mancata notifica degli espropri e la totale assenza di compensazioni. Gettati in mezzo alla strada per creare una nuova Gedda. I numeri sono impressionanti: centinaia di migliaia di persone hanno perso la loro casa all’interno di un ampio piano di ridefinizione urbanistica della città.
E in pochissimo tempo: alcuni abitanti raccontano di essere stati cacciati di casa in una manciata di ore, senza nemmeno il tempo di portare via elettrodomestici e mobili. In molti hanno iniziato a dormire in auto, a causa di affitti impossibili da sostenere in una città considerata da Riyadh un hub economico strategico per l’intera petromonarchia e il Mar Rosso.
La sua parte meridionale è da anni nel mirino: l’area più antica della città, è casa a diversi gruppi etnici. Il piano di demolizione è parte del progetto Vision 2030, ideato dal principe ereditario Mohammed bin Salman: l’obiettivo è l’eliminazione di quartieri poveri per fare spazio a progetti di sviluppo dal costo di 20 miliardi di dollari, musei, un acquario, uno stadio, 17mila unità residenziali e hotel di lusso.