La cooperazione tra Riyadh e Sarajevo ha radici storiche profonde, come dimostrato dal sostegno saudita ai bosgnacchi (bosniaci musulmani) durante le guerre jugoslave del 1992-’95. Oggi al centro di questo rapporto ormai consolidato vi sono questioni economiche ma anche e soprattutto di natura politico-religiosa
di Marco Siragusa
Roma, 28 gennaio 2020, Nena News – Martedì 21 gennaio il ministro della Sicurezza della Bosnia-Erzegovina, Fahrudin Radončić, ha incontrato l’ambasciatore saudita Hani bin Abdullah Mominah con cui ha discusso della possibilità di sottoscrivere un nuovo accordo di cooperazione nel campo della sicurezza e della lotta al terrorismo. Radončić ha inoltre accettato l’invito a visitare ufficialmente l’Arabia Saudita nel prossimo futuro.
Per quanto riguarda la lotta al terrorismo, la Bosnia è partner dal novembre 2014 della Coalizione internazionale contro Daesh. Una partecipazione giustificata dalla volontà di contrastare “la totale mancanza di rispetto della vita che sta minando gravemente i valori fondamentali della civiltà”, come dichiarato dall’allora membro croato della presidenza tripartita Dragan Čović.
Secondo quanto riportato dal sito ufficiale della Coalizione, in questi anni la Bosnia ha fornito circa 572 tonnellate di munizioni alle forze di sicurezza irachene e ha partecipato insieme agli Stati Uniti allo smantellamento di oltre 350mila ordigni inesplosi in Iraq.
Quello delle relazioni con lo Stato Islamico è uno dei punti più controversi della politica estera dei due paesi. Pur partecipando alla Coalizione internazionale, il regime saudita ha avuto rapporti quanto meno ambigui con gruppi legati all’estremismo islamico in Siria. Dall’altro lato, la Bosnia rappresenta uno dei paesi con il più alto numero di foreign fighters (circa 240 tra il 2012 e il 2016) rispetto alla popolazione totale. Non è quindi da escludere che, nell’incontro di martedì, le parti abbiano affrontato il delicato tema del rientro in patria dei jihadisti e più in generale dei fragili equilibri nello scenario mediorientale.
I rapporti tra Arabia Saudita e Bosnia vengono però da molto lontano e precisamente dai tempi delle guerre jugoslave combattute tra il 1992 e il 1995. All’epoca, il regime saudita sostenne economicamente e militarmente la componente musulmana con la creazione di gruppi armati salafiti in quello che veniva considerato come un nuovo fronte della “guerra santa”.
Concluso il conflitto, il tentativo saudita di influenzare la vita religiosa del paese è continuato con altri mezzi come ad esempio la costruzione, avvenuta nel 2000, della più grande moschea di Sarajevo. Dedicata al re Fahd bin Abdulaziz Al Saud, la moschea è costata circa 30 milioni di euro e può ospitare oltre duemila persone.
Sebbene una maggiore radicalizzazione della società bosniaca sia riscontrabile nel numero di foreign fighters partiti per la Siria e nell’attivismo di cellule terroristiche presenti sul territorio, come dimostrato dalle indagini sull’attento al Bataclan di Parigi, questo non ha certo rappresentato una vittoria dell’ultra-conservatorismo wahhabita (dominante in Arabia Saudita) sull’Islam moderato che caratterizza il paese.
Negli ultimi anni la presenza saudita si è manifestata anche attraverso il finanziamento per la realizzazione di due centri commerciali, tra cui il Sarajevo City Center costato circa 50 milioni di euro, e il sostegno agli scambi turistici tra i due paesi. Tra gennaio e novembre 2019 sono stati più di 65mila i turisti sauditi che hanno visitato la Bosnia, pari a più del doppio rispetto all’anno precedente, grazie anche alla nuova tratta Sarajevo-Riyadh inaugurata dalla compagnia aerea FlyBosnia. A settembre l’ambasciata saudita ha inoltre annunciato di voler rendere meno stringenti le procedure per il rilascio dei visti turistici per i cittadini bosniaci.
Nonostante sia praticamente impossibile immaginare una Bosnia-Erzegovina convertita all’Islam più radicale e conservatore, il regime saudita considera il paese come un fondamentale alleato con cui ampliare la cooperazione politico-economica con l’obiettivo, tra gli altri, di provare a limitare il protagonismo turco e iraniano nel paese. Nena News