L’attivista è stato condannato oggi per alcuni tweet in cui criticava il suo governo e l’Arabia Saudita per il loro intervento militare in Yemen
della redazione
Roma, 21 febbraio 2018, Nena News – Non c’è pace per l’attivista bahrenita Nabeel Rajab. Oggi, infatti, un tribunale di Manama lo ha condannato a cinque anni di prigione per alcuni commenti fatti su Twitter in cui criticava il suo governo e l’Arabia Saudita per il loro intervento militare in Yemen.
Rajab, tra le figure principali delle proteste in Bahrain del 2011, è già in carcere dove sconta una pena per aver espresso dichiarazioni “false e maliziose” contro le autorità locali, ovvero aver detto, durante una intervista rilasciata nel gennaio 2015, che i prigionieri politici era soggetti a tortura.
La notizia della sua condanna è stata oggi immediatamente criticata dalle organizzazioni di diritti umani locali e internazionali. Sayed Ahmed al-Wadaei, dell’Istituto del Bahrain per i diritti e la democrazia (BIRD), ha usato parole dure: “Questa sentenza è un primo esempio di come i tribunali bahraniti stiano riducendo la libertà di espressione e impedendo ai cittadini bahrainiti di criticare le autorità”.
“Invece di premiare Nabeel Rajab per il suo coraggio per aver denunciato gli abusi dei diritti umani e per i suoi richiami alla pace, Manama ha scelto di punirlo”, ha aggiunto al-Wadei che poi ha puntato il dito contro i principali partner occidentali (Regno Unito e Usa) che “hanno semplicemenete incoraggiato il governo bahranita a continuare il suo giro di vite contro la società civile”.
Ieri la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Heather Nauert, aveva detto che Washington “è molto preoccupata” per Rajab, “un noto attivista dei diritti umani”. “Preoccupazioni” sì, ma solo a parole: la Casa Bianca (a prescindere dal suo coinquilino che l’ha abitata) ha sempre chiuso gli occhi di fronte alle violazioni dei diritti umani da parte delle autorità locali. Del resto è più importante per gli Stati Uniti mantenere la V flotta ancorata ai moli di Manama in chiave anti-Iran che il rispetto dei valori di “democrazia e libertà”, di cui tanto però, a parole, si erge a paladina.
Nabeel Rajab (52 anni) è stato più volte arrestato negli ultimi anni per aver preso parte a proteste “non autorizzate”. Rilasciato anzi tempo nel 2015 per motivi di salute, era stato nuovamente incarcerato nel giugno 2016. Il suo calvario con la giustizia è simile a quello vissuto da tanti altri dissidenti politici locali. Il duro giro di vite della monarchia sunnita (in un Paese a maggioranza sciita) non ha risparmiato nessuno: né il partito di opposizione Wefaaq (sciolto dall’alta corte di giustizia nel luglio 2016), né quotidiani (al-Wasat, principale organo d’informazione, chiuso lo scorso giugno), né ovviamente gli attivisti. Tra questi, anche il leader religioso Issa al-Qasim a cui, come a tanti altri oppositori, è stata tolta la cittadinanza. La repressione bahrenita contro qualunque forma di dissenso ha però avuto anche un prezzo da pagare: negli ultimi anni, infatti, si sono registrati anche diversi attacchi armati contro forze di polizia da parte di alcuni gruppi sciiti. Secondo Manama dietro le loro azioni, vi sarebbe la “nemica” Iran.
Gli ulteriori anni di prigione dati oggi a Rajab preoccupano ancora di più dopo che lo scorso mese alcune ong internazionali per i diritti umani avevano lanciato l’allarme per le sue condizioni di salute. Manama, avevano poi denunciato le organizzazioni, non gli starebbe fornendo alcun tipo di assistenza medica. Dietro l’indifferenza delle autorità, scrissero in un comunicato, “c’è il chiaro tentativo di minacciare la sua sicurezza e integrità”. Dimistris Christopoulos, presidente del Fidh, un consorzio internazionale di 184 organizzazioni non governative internazionali, esortò la monarchia sunnita (in un Paese a maggioranza sciita) a “rilasciarlo immediatamente perché temiamo seriamente per la sua vita”. Nena News