Il più noto degli attivisti dei diritti umani della piccola monarchia del Golfo ha scontato quattro anni di carcere per aver condannato sui social la repressione ordinata da re Hamad bin Isa al Khalifa di tutta l’opposizione
della redazione
Roma, 10 giugno 2020, Nena News – A pochi giorni dal quarto anniversario della sua detenzione, ieri è stato finalmente liberato il noto attivista bahrenita Nabeel Rajab. Rajab, 55 anni, era detenuto nella prigione di Jau dal 2016: nel 2018 aveva ricevuto una condanna a 5 anni di reclusione per alcuni tweet in cui alludeva ad abusi compiuti in prigione, ma in cui soprattutto esprimeva critiche al coinvolgimento bellico del Bahrain in Yemen. L’attivista, inoltre, scontava anche due anni di carcere per aver osato criticare in alcune interviste televisive la monarchia sunnita di re Hamad (nonostante il Paese sia a maggioranza sciita). Nell’agosto di due anni fa, il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite per le detenzioni arbitrarie aveva già detto che la sua detenzione non era soltanto arbitraria, ma anche discriminatoria. La denuncia dell’Onu aveva portato 127 organizzazioni per i diritti umani a chiederne “l’immediato e incondizionato rilascio”.
Rajab è famoso per il suo lavoro nel campo della salvaguardia dei diritti umani. Proprio per questo motivo si è scontrato a più riprese con la monarchia autoritaria di re Hamad, sostenuta dall’Arabia Saudita. Fondatore del Centro del Bahrain per i diritti umani, l’attivista ha preso parte alle proteste anti-governative che hanno avuto luogo nel Paese nel 2011 nel clima generale delle “rivolte arabe”, orientalisticamente chiamate in Occidente “primavere arabe”. Proprio per il suo impegno politico, è stato più volte arrestato nei mesi di protesta.
La sua liberazione è stata accolta con soddisfazione dalle organizzazioni dei diritti umani che hanno parlato di “passo positivo”. Ma una rondine non fa primavera, osservano, perché la situazione resta difficile in Bahrain per altri dissidenti. “Mentre celebriamo questo momento – ha detto Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente per Amnesty International – è impossibile dimenticare che molti altri attivisti restano ancora dietro le sbarre”. A salvare i detenuti politici non è servito neanche il Coronavirus: le autorità locali hanno sì liberato alcuni prigionieri per evitare la diffusione del virus nelle celle sovraffollate, ma l’amnistia non ha riguardato quelli condannati per reati politici.
Rajab è libero, ma dovrà scontare il resto della sua condanna a casa. “Nabeel non avrebbe dovuto passare nemmeno un secondo in prigione – ha detto Sayed Ahmed al-Wadaei, direttore dell’Istituto dei diritti e democrazia del Bahrain – Il suo unico ‘crimine’ è stato criticare il governo su Internet”. Nena News