Dal 22 febbraio la protesta continua in strada e dentro le celle, mentre le autorità tentato di disperdere i manifestanti sventolando lo spauracchio del terrorismo e quello delle elezioni del prossimo 12 giugno
di Melissa Aglietti
Roma, 19 aprile 2021, Nena News – Nemmeno il divieto di riunirsi, scattato per contrastare la pandemia di coronavirus, ha fermato le proteste in Algeria. Dal 22 febbraio, secondo anniversario dell’Hirak, migliaia di persone scendono settimanalmente in piazza per chiedere democrazia e il rispetto dei diritti fondamentali.
Una battaglia che continua anche in prigione: 23 persone, appartenenti al movimento e arrestate settimana scorsa, sono in sciopero della fame da mercoledì nel carcere di El Harrach. Gli attivisti avevano partecipato a una marcia pacifica di protesta nella capitale e sono ora detenuti con l’accusa di aver arrecato “danno all’unità nazionale” e di aver tenuto un “raduno non armato”.
Del resto, il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune aveva parlato in riferimento all’Hirak di “attività non innocenti” che tentano di ostacolare “il processo democratico”. Che secondo l’organo di sicurezza algerino consisterebbero in “atti sovversivi”. Le autorità hanno inoltre denunciato “movimenti illegali vicini al terrorismo” che sfrutterebbero le marce settimanali dell’Hirak, aizzando il fantasma nero del jihadismo nella mente degli algerini.
Intanto il presidente ha indetto elezioni anticipate per il prossimo 12 giugno, dopo lo scioglimento della Camera bassa avvenuto il 19 febbraio. La Camera bassa era stata eletta nel 2017 e raccoglieva ancora vecchi e nuovi alleati di Bouteflika, l’ex presidente algerino. In quell’occasione, Tebboune aveva ordinato la liberazione di decine di detenuti dell’Hirak, annunciando, fra le varie cose, un rimpasto di governo, che però ha riguardato solo i ministeri tecnici, lasciando il primo ministro Abdelaziz Djerad al suo posto.
Non solo. Il 7 marzo scorso Algeri aveva approvato anche una nuova legge elettorale, con lo scopo di scongiurare casi di corruzione e la possibilità di dare ampi margini di manovra all’elettorato, con un sistema di liste aperte nella selezione dei candidati. Le elezioni, promesse per rabbonire le piazze, sono il tentativo disperato di rispondere alla crisi socio-economica del Paese. Tentativo che non è piaciuto all’Hirak, che lo ha bollato come una “mascherata”.
Il movimento, che ha portato alla destituzione di Abdelaziz Bouteflika, resta però senza una guida univoca e continua a giocare a conciliare le forze laiche e le forze islamiste. Ma l’alternativa per gli algerini è tra un’élite politica ancora troppo compromessa con il Pouvoir e l’incognita delle forze di piazza, ancora alla ricerca di un’identità. Nena News