Nonostante il conflitto, il business dei rifugiati resta in piedi: nel 2015 in 200mila tra somali ed etiopi hanno raggiunto le coste meridionali del Paese
di Sonia Grieco
Roma, 20 gennaio 2016, Nena News – Poco meno di due settimane fa 36 persone sono annegate nel Golfo di Aden, mentre dal Corno d’Africa tentavano di raggiungere le coste yemenite. È forse la prima strage di migranti nell’area quest’anno, l’ultima di una serie di incidenti che nel corso del 2015 hanno fatto quasi cento morti.
Nonostante in Yemen infuri la guerra civile, resta un approdo per i somali e gli etiopi in fuga. L’anno scorso sono stati in centomila ad arrivare nel Paese, secondo i dati delle Nazioni Unite, due terzi dei quali sono sbarcati sulle coste meridionali dallo scorso marzo, quando è iniziata la campagna militare a guida saudita in sostegno del presidente yemenita Hadi contro le milizie degli Houthi, legati all’Iran, che oltre un anno fa si sono sollevati contro il governo di Sana’a.
Sono cambiati i punti di approdo: la maggior parte delle persone sbarca lungo le coste del Mar Arabico e non del Mar Rosso, come in precedenza, probabilmente perché il conflitto ha avuto uno dei suoi epicentri nel governatorato di Taiz.
La guerra sta mettendo in ginocchio il Paese e ogni negoziato sinora è fallito, mentre è scoppiata l’emergenza umanitaria. Eppure somali ed etiopi, ma anche eritrei, continuano ad arrivare. Prima della cosiddetta primavera yemenita nel 2011, il Paese era l’unico tra quelli del Golfo ad aver sottoscritto le convenzioni sui rifugiati. Lo è ancora. Nel Sud le Ong e l’Onu avevano le proprie strutture di accoglienza. I rifugiati somali, in fuga dal caos in cui ormai da decenni versa la Somalia, trovavano nei campi di accoglienza yemeniti un punto di arrivo, ma più spesso di passaggio verso i più ricchi regni della Penisola arabica. Ma c’erano già allora anche gli etiopi e gli eritrei sulle barche che seguivano le rotte dei trafficanti di esseri umani. E questo flusso non si è mai interrotto. Oggi il 90 per cento degli arrivi è rappresentato da etiopi, il resto sono somali. Un’inversione di tendenza che si era già verificata prima del 2011.
Le strutture dell’Onu però non sono più operative in alcune zone. L’Unhcr ha chiuso i suoi centri di transito sul Mar Rosso e i rifugiati si trovano a sbarcare in una zona di conflitto, dove ad approfittarne sono le organizzazioni criminali e le bande armate. Ed è sempre più complicato monitorare gli arrivi e il rispetto dei diritti dei rifugiati.
“Le persone continuano ad arrivare nonostante l’inasprirsi del conflitto in Yemen”, ha detto all’Afp il portavoce dell’Unhcr Adrian Edwards, “tragicamente sempre più persone perdono la vita nel tentativo di attraversare il mare su barche sovraffollate e inadatte alla navigazione”. Il business dei rifugiati resta in piedi, dunque, e per Edwards si tratta anche di disinformazione su quanto sta accadendo in Yemen. Forse anche di false promesse fatte dagli organizzatori di questi viaggi della speranza, talvolta intrapresi inseguendo le voci di un ingresso più facile negli altri Paesi della Penisola arabica.
Intanto, lo Yemen fa i conti anche con i suoi sfollati interni, circa due milioni e mezzo di persone, mentre in 168mila hanno lasciato il Paese da marzo, alcuni facendo al contrario la rotta che seguono somali, etiopi ed eritrei, cioè cercando rifugio sulle coste del Corno d’Africa. I morti nei combattimenti e sotto i bombardamenti della coalizione anti-Houthi sono oltre seimila, in buona parte tra la popolazione civile. Nena News