In fuga dalla crisi yemenita, i profughi somali tornano nel Corno D’Africa, ma molte sono le problematiche connesse al ritorno in Somalia.
di Francesca La Bella
Roma, 22 ottobre 2015, Nena News-I morti, i feriti e gli arrestati non sono le uniche vittime di una guerra come quella in corso da molti mesi in Yemen. Uno dei problemi principali in situazioni di questo genere è, infatti, l’enorme massa di persone obbligate a spostarsi dai luoghi della propria vita quotidiana. Sono quelli che vengono normalmente definiti profughi, se lasciano il territorio nazionale, o Internal Displaced People (IDP) qualora rimangano all’interno dei confini dello Stato. Si stima che quasi il 60% della popolazione yemenita (circa 16mln di persone) abbia necessità di assistenza umanitaria e che il numero degli IDP e dei migranti sia in continua crescita. Nel contesto yemenita, nel computo delle persone appartenenti a queste categorie, rientra anche una significativa percentuale di soggetti provenienti da altri teatri di guerra. E’ questo il caso dei profughi somali.
Lo Yemen è stato a lungo un “Paese di transizione” per i migranti umanitari provenienti dal Corno D’Africa. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), prima del gennaio 2015, lo Yemen ospitava circa 246.000 rifugiati registrati di cui il 95% proveniva dalla Somalia, ma, dopo l’inizio dei combattimenti tra Houthi e Governo centrale, molti avrebbero scelto di lasciare il Paese. Nonostante per la maggior parte di essi l’unica meta possibile fosse nuovamente la Somalia, l’intensificarsi degli scontri e l’avvio dell’intervento saudita in Yemen hanno spinto ad una migrazione di massa verso la sponda africana del Golfo di Aden. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM), dall’inizio della crisi, più di 29.000 individui avrebbero raggiunto la Somalia dopo aver lasciato il territorio yemenita: l’89% sarebbero somali rimpatriati, l’1% immigrati di altre nazionalità e il 10% yemeniti. I maggiori reinsediamenti si sarebbero registrati nella capitale Mogadisho e nella regione settentrionale del Somaliland (circa 9000 persone), ed in particolare in città come Berbera e Hargeisa, aree più prossime ai porti di arrivo dei profughi.
Benché questo esodo perduri, nel suo ultimo report sulla questione, l’UNHCR sottolinea che il numero di persone in arrivo in Somalia dallo Yemen, sia yemeniti sia somali, si sarebbe notevolmente ridotto da agosto ad inizio ottobre. La causa di questo decremento non sarebbe, però, da imputare ad un miglioramento, ma ad un peggioramento del contesto yemenita. Il conflitto avrebbe, infatti, investito le aree dove si situano i principali porti di partenza dei flussi migratori, Mokha e Mukalla, ed i costi di viaggio sarebbero ormai inaccessibili per molti dei soggetti rimasti in territorio yemenita. La situazione è, dunque, lontana dalla sua risoluzione e, nel coordinamento tra Governi e organizzazioni internazionali, sta prendendo forma un piano regionale per la gestione della questione che dovrebbe investire sia i Paesi del Golfo Persico sia quelli del Corno D’Africa.
Secondo le stime di OIM e UNHCR alla base di questo piano di intervento, entro fine 2016 in Somalia, i migranti (o i somali di ritorno) provenienti dallo Yemen dovrebbero superare le 100000 unità e a queste persone dovrebbero essere garantite tutte le tutele necessarie ad una vita dignitosa. Alcuni analisti sottolineano, però, come una massiva re-immigrazione improvvisa e incontrollata in Somalia possa creare dei forti disequilibri in un Paese ancora poco solido e come la tutela dei diritti dei soggetti in ingresso possa essere, in questo senso, a rischio. A tal proposito, ad aprile, il ministro degli esteri somalo Abdusalam Omer, aveva dichiarato che, dopo anni di guerra civile, crisi economica e sociale, il problema principale che la Somalia si trova ad affrontare oggi sono proprio le migrazioni provenienti dalla sponda yemenita del Golfo di Aden. Secondo il Ministro, la possibile infiltrazione di soggetti somali o stranieri radicalizzatisi in Yemen potrebbe incidere negativamente sulla stabilità del Paese. Allo stesso modo, le necessità finanziarie collegate all’accoglienza potrebbero, in mancanza di efficaci piani di finanziamento internazionali, impattare sulla fragile economia somala, con conseguenze negative di lungo periodo che potrebbero obbligare molti ad un nuovo percorso migratorio.