L’Egitto è punto di partenza ed arrivo per molti migranti. I mutamenti politici degli ultimi anni hanno fortemente condizionato queste dinamiche di migrazione e rischiano di peggiorare ancor di più le condizioni di vita di queste persone. Molti, però, scelgono di rimanere nel Paese.
di Francesca La Bella
Roma, 5 giugno 2015, Nena News- L’Egitto costituisce da molto tempo un punto di riferimento fondamentale per le migrazioni dell’area medio-orientale ed africana in quanto meta di arrivo o tappa di viaggio di profughi, richiedenti asilo e migranti economici dei Paesi limitrofi. Allo stesso tempo è stato anche porto di partenza per la migrazione, perlopiù di tipo economico, dei suoi concittadini sia verso altri Paesi arabi, principalmente Libia e Paesi del Golfo, sia verso l’Europa. A seguito della Primavera Araba che ha investito tutta l’area ed ai mutamenti politici interni all’Egitto, si è, però, assistito ad una trasformazione dei flussi migratori in ingresso ed in uscita dal Paese.
Frutto di questo contesto è una partizione del contingente dei migranti in quattro principali categorie: immigrati stranieri in Egitto; immigrati stranieri transitanti per l’Egitto; emigrati egiziani di ritorno dai paesi di immigrazione; emigrati egiziani. Su ognuno di questi gruppi, gli effetti dei mutamenti politici nell’area, degli attacchi internazionali e delle guerre civili, hanno impattato in maniera differente, ridefinendone, in questi anni, le condizioni di vita, i caratteri della migrazione e le politiche di cui sono oggetto. Per quanto riguarda le prime due categorie, ciò che è mutato è il numero, sempre maggiore, dei migranti e la motivazione, perlopiù umanitaria, della migrazione. La presenza di due guerre civili di ampie proporzioni come quella libica e quella siriana ha indotto molti uomini e donne a mettersi in viaggio verso terre considerate meno a rischio. Ai cittadini dei due Paesi si sono aggiunti, inoltre, migliaia di migranti economici che, soprattutto nel caso libico, hanno dovuto lasciare il loro posto di lavoro a causa dei combattimenti e che hanno scelto di non tornare nei loro Paesi di origine, ma di continuare il processo migratorio.
In questo senso è molto interessante notare come l’Egitto sia stato considerato da molti una meta obbligata. Nonostante i cambimenti violenti della dirigenza politica e le difficoltà dell’economia egiziana, il Paese continua, infatti, ad essere considerato un luogo dove è possibile ottenere con facilità un permesso di permanenza e dove esistono occasioni di lavoro, soprattutto nell’economia informale (piccolo commercio, cura della casa, servizi alla persona). L’Egitto è, inoltre, uno dei porti di partenza per i barconi che solcano il Mediterraneo alla volta dell’Europa. Coloro che temono il contesto libico e non hanno le possibilità per spingersi via terra verso la direttrice turco-greca, scelgono proprio i porti egiziani per iniziare il loro viaggio verso la sponda nord del Mediterraneo. Si potrebbe, dunque, supporre che questa dinamica favorisca l’ingresso, ma anche la dipartita dei migranti. In realtà la sempre maggiore chiusura delle frontiere europee, la difficoltà di farsi riconoscere lo status di rifugiato e i costi proibitivi del viaggio, inducono molti a rimanere sul suolo egiziano rinunciando ad attraversare il mare.
E’ in questo contesto che bisogna leggere il progetto di legge contro l’immigrazione clandestina al vaglio del Parlamento egiziano proprio mentre l’Europa chiede maggiori controlli ai Paesi di partenza delle rotte di migrazione. La nuova legge dovrebbe inserirsi in quello che è stato definito “processo di Khartoum”, siglato a Roma tra novembre e dicembre dello scorso anno tra 28 Stati appartenenti ad Unione Europea, Corno d’Africa e Africa centrale e settentrionale (come Tunisia, Sudan, Kenya o Egitto) in quanto Paesi di transito. Il progetto prevede la collaborazione tra i Paesi firmatari per il contrasto del traffico di esseri umani, l’intervento preventivo sulle cause dell’emigrazione e l’offerta di percorsi di migrazione sicuri per coloro che ne abbiano i requisiti. Secondo i suoi detrattori questo progetto e le norme nazionali che ne deriveranno rischiano di bloccare i migranti in Paesi con sistemi politici instabili, senza tutele nè diritti pemettendo all’Europa di delocalizzare a sud del Mediterraneo il controllo e l’eventuale detenzione dei migranti.
Non migliore, ma sicuramente diversa è la condizione vissuta dalla popolazione egiziana. A seguito della Guerra in Libia molti lavoratori hanno dovuto lasciare il Paese tornando ad ingrossare le fila dell’esercito di riserva della massa lavoratrice egiziana. Questo ha avuto un effetto devastante sulle dinamiche socio-economiche del Paese. L’economia interna, fortemente debilitata dagli effetti della rivoluzione e dalla mancanza di un Governo solido che portasse avanti politiche economiche adeguate, non è riuscita ad assorbire questi settori ed ha sospinto molti verso una scelta migratoria. Una scelta che, però, sembra necessario sottolinearlo, è stata dettata da motivazioni economiche più che da necessità di protezione.
Nonostante questo, durante gli anni passati si è assistito ad un aumento delle richieste di asilo o di protezione umanitaria in Italia anche da parte di cittadini egiziani. Secondo molti analisti anche questo settore di richiedenti asilo, che nell’ultimo anno sarebbe diminuito solo in Italia del 16%, andrebbe, però, aggregato nell’analisi a quello della migrazione economica. Studiosi come Ayman Zohry, Presidente della Società Egiziana per gli Studi sulla Migrazione, ritengono infatti che non esiste una mentalità dell’asilo nella popolazione egiziana e che le richieste in questo senso vadano lette, nella maggior parte dei casi, come espedienti per rendere più veloce e più sicuro l’ingresso in Italia e in Europa. A supporto di questa teoria e della volontà degli egiziani di vivere nel proprio Paese, qualora sia loro possibile dal punto di vista economico, si guardino i dati egiziani ed i dati tunisini a confronto. A fronte di retroterra similari, le scelte migratorie sono state totalmente diverse ed in Egitto, soprattutto in una prima fase della Rivoluzione, si è assistito anche al rientro di molti intellettuali e persone con alti livelli di istruzione che tornavano nel Paese per essere da stimolo alla rinascita dello stesso.
Gli stessi dati di Governo italiano ed Unione Europea dimostrano che, nonostante la repressione di qualsiasi forma di dissenso, le difficoltà di alcuni gruppi etnico-religiosi come i copti di vedere riconosciuti i propri diritti e le problematiche sociali ed economiche del Paese, la scelta migratoria non è l’opzione preferita dalla popolazione egiziana, anche se, spesso, è l’unica possibile. Nena News