Alla guida dell’esecutivo di coalizione Habib Essid, vecchia conoscenza del passato regime di Ben Ali, che ha promesso riforme economiche e soprattutto sicurezza. A Ennahda il ministero del Lavoro, altri dicasteri chiave agli indipendenti
della redazione
Roma, 6 febbraio 2015, Nena News – Sicurezza e lotta al terrorismo di stampo jihadista. Sono queste le priorità del governo di coalizione tunisino che ieri ha ottenuto la fiducia del Parlamento.
Alla guida dell’esecutivo c’è una vecchia conoscenza del passato regime di Ben Ali, rovesciato dalle rivolte del 2011. Un uomo che pare attraversare tutte le ere con disinvoltura. Il primo ministro Habib Essid è stato un funzionario di spicco del ministero dell’Interno sotto Ben Ali (condannato all’ergastolo in contumacia), ha avuto la guida del dicastero dell’Interno nel primo governo post-rivoluzionario e ha mantenuto ruoli di rilievo anche nella coalizione guidata dal partito islamico Ennahda che, curiosamente, ha salutato con positività la sua candidatura.
La Tunisia sarà quindi guidata da un governo di colazione tra laici e islamici, in cui ci stanno anche partiti minori. Nell’esecutivo hanno preso posti chiave – Finanza, Esteri – i laici di Nidaa Tounes, vincitore delle parlamentari dello scorso ottobre, ma con un maggioranza relativa che lo ha obbligato a cercare alleati. Agli indipendenti sono toccati i dicasteri di Difesa, Interno e Giustizia, mentre Ennahda, il secondo partito dell’Assemblea tunisina, ha ottenuto il ministero del Lavoro, posto chiave in un Paese alle prese con crisi economica e alti tassi di disoccupazione, e tre sottosegretariati.
Una “maggioranza rassicurante”, l’ha definita il presidente del Parlamento Mohamed Ennaceur. Rassicurante soprattutto per una comunità internazionale che considera la Tunisia l’unico successo della cosiddetta primavera araba, iniziata proprio nel Paese nordafricano. In Tunisia non si è tornati alla dittatura, un anno fa è stata ratificata una Costituzione considerata un esempio di laicità tra quelle del mondo arabo e c’è una maggiore libertà dopo il 2011, ma i conti con il passato non sono stati chiusi del tutto e chi è sceso (e continua a farlo) in piazza sperando di ottenere democrazia – ma anche lavoro, servizi, giustizia, equità – è rimasto deluso. Una delusione evidente nella bassa affluenza alle urne registrate alle politiche e alle presidenziali, la seconda prova al voto per i tunisini negli ultimi quattro anni e la loro prima volta nell’elezione diretta del presidente. Hanno scelto Beji Caid Essebsi, candidato di Nida Tounes.
La fiducia al governo di coalizione è l’ultimo tassello, in ordine di tempo, di una transizione che non sta smantellando il vecchio apparato. Nida Tounes ha in mano le redini del Paese e il neopremier ha già chiarito quale sarà la strada da seguire. Prima di tutto la lotta al terrorismo. La Tunisia è un grosso bacino di reclutamento per i jihadisti che raccolgono consensi tra i giovani frustrati e disillusi da una situazione economica che li penalizza, e la questione sicurezza è stata il cavallo di battaglia dei laici.
Gli anni successivi alle rivolte sono stati caratterizzati dall’ascesa politica del partito islamico Ennahda, bandito sotto Ben Ali, ma sebbene si tratti di una forza moderata, il suo mandato è stato bagnato dal sangue di due esponenti dell’opposizione uccisi da militanti islamisti: Chokri Belaid (assassinato a febbraio del 2012) e Mohammed al-Brahmi (25 luglio 2013). Due omicidi di cui è stato ritenuto moralmente responsabile Ennahda, che hanno scatenato un ritorno delle proteste e la fine del governo islamico con un accordo raggiunto grazie alla mediazione del potente sindacato tunisino Ugtt, da cui è nato un governo tecnico di transizione, più gradito alle potenze occidentali.
Ma è l‘economia la questione cruciale per i tunisini. Essid ha detto che il Paese ha bisogno “di intraprendere immediatamente riforme economiche, incluse la razionalizzazione dei sussidi, la revisione del sistema delle imposte, la riforma del sistema bancario e i tagli alla spesa pubblica”. Nel solco della strada già intrapresa dal precedente governo tecnico, quella delle libertà economiche più che politiche, delle riforme invocate da Banca Mondiale ed FMI, più che dai cittadini. Nena News