Il Parlamento, di cui Nidaa Tounis possiede la maggioranza relativa, ha nominato come primo ministro Habib Essid, funzionario di spicco del ministero dell’Interno nell’era di Ben Ali. E presidente Essebsi controlla praticamente le istituzioni tunisine
di Giorgia Grifoni
Roma, 6 gennaio 2015, Nena News - Se l’elezione di Beji Caid Essebsi – ministro degli Esteri sotto Bourghiba negli anni ’80 e presidente della Camera sotto Ben Ali – alla presidenza della Repubblica tunisina non ha spaventato nessuno e, anzi, è stata salutata come il trionfo della laicità in un Paese cui la deriva islamista ha strappato due importanti leader di sinistra, ora a Tunisi si comincia a tremare per la scelta del nuovo Parlamento di nominare un primo ministro anch’esso proveniente dal regime: Habib Essid, funzionario di spicco del ministero dell’Interno dell’era di Ben Ali, nominato ministro dell’Interno nel governo transitorio che ha seguito la caduta del dittatore.
“Dopo le consultazioni, sia all’interno del partito e con le altre parti – ha dichiarato all’uscita dalla seduta il portavoce del Parlamento e vice presidente del partito di maggioranza Nidaa Tounis, Mohammed Nasser – vi è un consenso attorno al nome di Habib Essid come candidato per il posto di capo del governo”. “E ‘una figura indipendente – ha aggiunto – che ha capacità, esperienza e conoscenza delle questioni di sicurezza e di economia”.
Il Parlamento, nel quale il partito laico Nidaa Tounis guidato dal neopresidente Essebsi possiede una maggioranza relativa, dovrà approvare una rosa di ministri presentata da Essid: l’obiettivo è quello di formare un governo di tecnocrati che prendano in mano la disastrosa situazione economica e procedano a una riforma delle finanze, oltre a contrastare l’eterno spauracchio dell’avanzata dell’Islam politico.
Curiosamente, la nomina di Essid è stata salutata positivamente da Ennahda, il secondo partito del Parlamento tunisino e avversario di Nidaa Tounis nell’ultima tornata elettorale. I partiti di sinistra coalizzati nel Fronte Popolare, invece, hanno reagito male alla notizia dell’elezione di un altro rappresentante del vecchio regime: “E ‘un messaggio negativo – ha dichiarato ai giornalisti il leader del partito e candidato del Fonte alle ultime presidenziali Hamma Hammami – per le persone che volevano fare davvero una pausa dal vecchio regime.”
Fa’ specie che proprio i partiti di sinistra – incapaci di presentarsi con un candidato forte e responsabili, secondo alcuni analisti, dell’astensione massiccia di molti dei giovani protagonisti della rivoluzione tunisina -critichino una situazione che hanno involontariamente causato, dal momento che la posizione ufficiale del Fronte all’alba del ballottaggio tra l’ex presidente ad interim Marzouki ed Essebsi: fermare Marzouki o con la scheda bianca o con il voto a Essebsi.
Dietro l’odio della sinistra tunisina per Moncef Marzouki – un laico oppositore del vecchio regime, ma a capo di una coalizione di partiti di cui faceva parte anche Ennahda – c’è la convinzione delle responsabilità dell’ex governo a trazione islamista negli omicidi dei leader di sinistra, Chokri Belaid e Mohammed Brahmi, uccisi nel 2013 a distanza di pochi giorni davanti alle proprie abitazioni. Nonostante la rivendicazione degli assassinii, avvenuta alla vigilia del ballottaggio, da parte di un gruppo jihadista affiliato allo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi, per i detrattori di Ennahda l’Islam politico, seppur moderato, aveva causato la nascita – e la risurrezione – di gruppi integralisti e del loro tentativo di prendere il potere.
Lo spauracchio dell’islamismo è stato cruciale per indirizzare gli elettori nella scelta della scheda bianca o di Essebsi, nella speranza magari di presentarsi come interlocutore privilegiado di Nidaa Tounis ed evitare una sua alleanza con le forze di Marzouki, guadagnandosi magari qualche posto di responsabilità nel governo. Invece ora Essebsi – che da ministro degli Interni all’epoca di Bourghiba ha dato il via alla repressione delle forze di sinistra – con la sua maggioranza relativa in Parlamento e con un primo ministro della sua squadra, controlla praticamente le istituzioni. E potrebbe anche modificare la nuova Costituzione.
Come ha ricordato il costituzionalista Kais Saied in una recente intervista al portale Tunisia in Red: “Occorre considerare che la composizione della futura Corte Costituzionale sarà nelle mani del partito dominante, dato che 1/3 deve essere nominato dal presidente della Repubblica, 1/3 dall’Assemblea del Popolo (…) e 1/3 dal Consiglio Superiore della Magistratura (anche per la formazione di quest’ultimo che dovrà avvenire entro 6 mesi dalle elezioni legislative, si può prevedere un’influenza del partito maggioritario). In una situazione in cui l’apparato del vecchio regime, lo Stato “profondo” non è stato smantellato,si tornerà al punto di partenza, cioè al partito unico”. Nena News
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