All’ondata di proteste a pochi giorni dal settimo anniversario della rivoluzione, il governo risponde inviando le truppe e rifiutando alcuna manovra di aggiustamento della finanziaria “lacrime e sangue”. Fronte popolare: tutti in piazza il 14 gennaio
della redazione
Roma, 12 gennaio 2018, Nena News – La Tunisia, a due giorni dal settimo anniversario della rivoluzione dei gelsomini del 2011, resta in piazza. La scorsa notte le proteste sono continuate, insieme agli scontri tra i manifestanti e la polizia. Il governo parla di un lento ritorno alla calma ma i numeri dipingono una situazione esplosiva: 778 persone sono state arrestate da lunedì, fa sapere il ministero dell’Interno.
Gli ultimi scontri hanno interessato diversi governatorati, Kasserine, Siliana, Ibn Sina, El Mourouj. Pneumatici dati alle fiamme, gas lacrimogeni lanciati dalla polizia, cordoni nei pressi degli edifici governativi accompagnano le notti tunisine. Lungo il confine con l’Algeria le autorità hanno deciso di inviare l’esercito dopo il ritiro della polizia e il fuoco appiccato al quartier generale della sicurezza nazionale nella città di Thala.
E se il Fronte Popolare, il principale partito di opposizione di sinistra, chiama alla protesta per oggi, venerdì di preghiera, e domenica, anniversario della rivoluzione, il governo risponde con durezza: “Il governo non rivedrà il budget e nemmeno alcuni emendamenti a causa di un gruppo di facinosi nelle strade”, è il commento sprezzante del ministro degli Investimenti Zied Ladhari, affidato alla radio Mosaique. Da parte sua il primo ministro Youssef Chaled, in crollo di consensi, accusa le opposizioni di infiammare le piazze tunisine.
Come se non ci fossero ragioni per manifestare, come se le ricette del Fondo Monetario Internazionale e i prestiti – 2.9 miliardi di dollari a dicembre post approvazione della finanziaria, che seguono a altre due tranche da 320e 314 miliardi di dollari – appesi a riforme economiche durissime per la popolazione non avessero effetti. L’aumento dell’Iva, l’assenza di controllo dei prezzi, la marginalizzazione delle aree lontane dai grandi centri urbani e l’aumento esponenziale del costo dei beni di prima necessità – la finanziaria definita “lacrime e sangue” approvata a dicembre – vanno ad inserirsi in un contesto socio-economico che non ha visto netti miglioramenti rispetto all’era Ben Alì.
Il premier Chaled parla di “fraintendimento”: la gente non ha capito le misure dell’ultima finanziaria e accusato “reti di corrotti e contrabbandieri”, non meglio identificati, come i promotori dei disordini. Una risposta debole se non nulla, che non può che accendere la rabbia di chi, giovani in testa, non vede luce in fondo al tunnel della disoccupazione e della mancanza di opportunità. Una “soluzione” la offre il ministero della Difesa, una proposta che restringe ancora le vie di accesso al mondo del lavoro e che non potrà che sollevare altre polemiche: d’ora in poi il servizio di leva sarà obbligatorio per poter trovare lavoro sia nel settore pubblico che in quello privato.
Reagisce il principale sindacato tunisino, Ugtt: il governo prepari una manovra correttiva del bilancio che risponda alle legittime richieste della popolazione e migliori il potere d’acquisto delle classi più povere. Tra le proposte dell’Ugtt ci sono l’aumento del salario minimo garantito, delle pensioni per i più poveri, la riduzione dei prezzi, la lotta ai monopoli e all’evasione fiscale.
Risuonano gli stessi slogan di sette anni fa, ripresi dal Fronte Popolare: “Pane, acqua e niente Ben Ali” è oggi traslato in “Pane, acqua e niente Nidaa e Ennadha”, riferimento ai due partiti del governo di coalizione, il liberale e l’islamista, in drastico calo di consensi. La gente chiede lavoro, chiede redistribuzione delle ricchezze e chiede giustizia sociale ed economica. Domande legittime e che non hanno avuto risposta se non una legge finanziaria che pesa sulle spalle delle classi più disagiate sotto forma di aumento del costo di cibo, comunicazioni, benzina.
Ma al momento la risposta di Tunisi resta il dito puntato contro presunti facinorosi. Anche qui interviene il Fronte Popolare, che chiede una commissione di inchiesta sugli episodi di saccheggi notturni e vandalismo, denunciando la diffusione di video falsi per mettere in cattiva luce il movimento di protesta. Nena News