Dichiarazione-shock dell’opposizione siriana, già da mesi in contatto con l’esercito israeliano. Intanto Tel Aviv, approfittando del caos in Siria, annuncia 400 nuovi insediamenti nelle Alture occupate
dalla redazione
Roma, 17 marzo 2014, Nena News – Rinunciare al Golan in cambio di soldi e aiuti militari da parte da Israele: è la proposta fatta da alcuni membri dell’Opposizione siriana, pubblicata sul quotidiano al-Arab e riportata sulle pagine di Haaretz. Una dichiarazione shock che lascia sbigottiti non solo i cittadini della Siria, ma anche la popolazione rimasta nel Golan dopo l’occupazione di Israele nel 1967, che continua a considerarsi siriana.
Promotore dell’eventuale “scambio” è Kamal al-Labwani, noto membro dell’Opposizione siriana, secondo il quale “vendere le alture del Golan è meglio che perdere sia la Siria che il Golan”. Oltre alla storica rinuncia, al-Labwani vorrebbe che Israele applicasse una no-fly zone lungo i suoi confini nord-orientali fino a coprire alcune parti meridionali del territorio siriano, di modo da proteggere le basi ribelli dagli attacchi dell’aviazione di Assad. La notizia, passata in sordina sulla stampa internazionale, ha infiammato la comunità del web: chi chiama i ribelli “traditori”, chi profetizza ulteriori cessioni di “territorio arabo” come Gerusalemme e Damasco e chi fa notare che i ribelli non hanno alcuna autorità per regalare il Golan a Israele.
Più che un accordo politico ragionato, la richiesta dei ribelli somiglia a un grido disperato d’aiuto, lanciato all’ultimo attore potenzialmente rimasto in gara dopo l’apparente abbandono da parte dell’Occidente e dei paesi del Golfo della rivolta anti-Assad. Con la presa di Yabroud la settimana scorsa e la riconquista da parte dell’esercito governativo di una larga fetta di territorio compresa tra la costa, Aleppo, Damasco e la frontiera con il Libano, il terzo anniversario della rivolta contro Bashar al-Assad marca infatti, almeno per ora, un’inesorabile sconfitta dell’opposizione.
I contatti tra i ribelli e Israele erano stati confermati già il mese scorso da un ufficiale israeliano, nello stesso momento in cui Tel Aviv, mostrando al mondo la sua generosità nella cura dei profughi siriani, in realtà garantiva trattamenti medici a centinaia di ribelli poi rientrati in Siria a combattere. L’emittente iraniana Press Tv ha dato inoltre notizia di grosse somme di denaro pagate da Israele ai ribelli per conoscere le condizioni mediche e l’identità dei combattenti feriti.
Certo è che Israele sta approfittando del caos siriano per consolidare il proprio controllo sul Golan, strappato alla Siria nella Guerra dei Sei Giorni e annesso unilateralmente nel 1981 in una mossa mai riconosciuta dalla Comunità internazionale. La settimana scorsa, infatti, Tel Aviv ha presentato un piano edilizio per la costruzione di oltre 400 nuovi insediamenti illegali nei prossimi quattro anni, per un totale di 23 mila nuovi coloni incoraggiati a stabilirsi nel territorio siriano occupato da offerte di lavoro e riduzioni sulle tasse. Nonostante, come sempre, i deboli richiami della Comunità internazionale. Nena News.