Un morto e sette feriti nei Raid israeliani. Dopo il ferimento ieri di quattro militari, Tel Aviv colpisce le postazioni dell’esercito siriano. Tensione alle stelle con Damasco e con Hezbollah, mentre i ribelli cercano il sostegno di Israele per sconfiggere Assad
della redazione
AGGIORNAMENTO ORE 13.20: I raid israeliani sulla regione di Quneitra hanno ucciso un soldato siriano e ferito altri sette, hanno fatto sapere le Forze armate siriane con una nota in cui condannano l’azione decisa da Tel Aviv in seguito all’attentato di ieri in cui sono rimasti feriti quattro militari israeliani.
“Questi tentativi disperati di esacerbare la situazione con continue aggressioni mettono a repentaglio la sicurezza e la stabilità della regione”, si legge nella nota.
Roma, 19 marzo 2014, Nena News – La risposta israeliana al ferimento ieri di quattro soldati sulle Alture del Golan occupato non si è fatta attendere. Stamattina l’aviazione ha colpito “un campo di addestramento dell’esercito siriano, un quartier generale e una batteria artigliera” in una serie di incursioni aere iniziate ieri, dopo il ferimento dei militari israeliani nell’esplosione di un ordigno nei pressi della barriera che divide la Siria da Israele, a sud della cittadina drusa di Majdal Shams. Secondo Tel Aviv, si sarebbe trattato di un agguato, forse con un ordigno comandato a distanza: i militari si sono avvicinati alla barriera per controllare la segnalazione di movimenti sospetti da una torretta di avvistamento e appena scesi dalla jeep sono stati investiti dall’esplosione.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha subito annunciato la rappresaglia: “La frontiera con la Siria è piena di jihadisti e di miliziani di Hezbollah (movimento sciita libanese, n.d.r.). Negli ultimi anni abbiamo cercato di mantenere la calma a causa della guerra civile siriana, ma agiremo con fermezza per salvaguardare la sicurezza dello Stato di Israele”. E stamattina gli ha fatto eco il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, che ha puntato il dito contro il presidente siriano Bashar al Assad, avvertendo che se continuerà a minacciare Israele “si pentirà delle sue azioni”.
La tensione tra Damasco e Tel Aviv è altissima e quello di ieri è il terzo incidente in questa zona calda in poco tempo. Venerdì scorso c’è stato un attacco senza vittime contro le forze israeliane nell’area contesa delle fattorie di Sheba, punto d’incontro tra Siria, Libano e Israele. Tel Aviv ha risposto colpendo le postazioni di Hezbollah lungo il confine. Dieci giorni fa, invece, Israele ha denunciato un altro attentato fallito da parte del Partito di Dio. Si tratterebbe di rappresaglie per i bombardamenti israeliani contro i convogli di Hezbollah in Libano.
Secondo rivelazioni recenti, le Alture del Golan sarebbero diventate merce di scambio tra Israele e i gruppi di opposizione che da tre anni tentano di rovesciare il regime di Assad, ma sono in difficoltà dopo l’avanzata delle forze governative nella strategica città di Yabrud, al confine con il Libano. Pochi giorni fa il quotidiano al Arab ha riportato la dichiarazione shock di un membro dell’opposizione siriana, Kamal al-Labwani, che affermato che “vendere le alture del Golan è meglio che perdere sia la Siria che il Golan”. Oltre alla storica rinuncia, al-Labwani vorrebbe che Israele applicasse una no-fly zone lungo i suoi confini nord-orientali fino a coprire alcune parti meridionali del territorio siriano, di modo da proteggere le basi ribelli dagli attacchi dell’aviazione di Assad. Insomma, è la richiesta di un sostegno economico e militare israeliano in cambio del Golan. La notizia, passata in sordina sulla stampa internazionale, ha infiammato la comunità del web: chi chiama i ribelli “traditori”, chi profetizza ulteriori cessioni di “territorio arabo” come Gerusalemme e Damasco e chi fa notare che i ribelli non hanno alcuna autorità per regalare il Golan a Israele che, d’altronde, sta consolidando il suo controllo sulla zona approfittando del caos siriano.
Il Golan è stato strappato alla Siria nella Guerra dei Sei Giorni e annesso unilateralmente nel 1981 in una mossa mai riconosciuta dalla Comunità internazionale. Nena News