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Il governo ha inviato 5 mila uomini per strappare Daraa e Quneitra alle opposizioni nell’obiettivo di isolarle e interrompere la continuità territoriale con Damasco. Teheran e movimento sciita puntano a rafforzare la propria presenza e a “circondare” Israele

Siria

di Chiara Cruciati

Roma, 16 febbraio 2015, Nena News – In meno di una settimana le vittime degli scontri tra forze governative e opposizioni islamiste nel sud della Siria hanno raggiunto il centinaio, tra soldati dell’esercito di Damasco e miliziani ribelli. Il fronte meridionale è di nuovo aperto dopo l’avanzata repentina dei qaedisti del Fronte al-Nusra alla fine dello scorso anno, che erano riusciti a strappare territorio alle opposizioni moderate, Esercito Libero in testa.

La scorsa settimana il presidente Assad, che dopo quattro anni di guerra civile controlla un terzo del paese, ha lanciato la controffensiva a sud della capitale, verso le strategiche province di Daraa e Quneitra. Le truppe di Damasco, con il fondamentale appoggio militare di Hezbollah e delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, hanno riassunto il controllo di numerosi villaggi alle porte di Quneitra e, quindi, del Golan. La fanteria, usando principalmente artiglieria pesante (il maltempo pare abbia impedito per ora l’utilizzo dei raid aerei), è avanzata in poche ore nelle campagne di Daraa, rioccupando Deir al-Adas, Deir Maker, al-Danaji, Tal Mehri, Tal al-Sayyad, Tal al-Arous.

Una serie di villaggi che collegano Damasco al sud del paese e le cui vie interne erano utilizzate dai ribelli per rifornirsi di armi, cibo, miliziani. Di civili non ce n’è quasi più l’ombra – hanno raccontato alla stampa alcuni soldati governativi – tutti fuggiti due anni fa dopo l’offensiva delle opposizioni. In alcune comunità le abitazioni abbandonate sono oggi utilizzate dai ribelli come magazzini per le munizioni, i missili, i mortai  e il cibo. Sui missili – continuano i soldati intervistati da al-Akhbar – sta in bella vista la bandiera degli Emirati Arabi.

Obiettivo, far cadere quella che pareva ormai una roccaforte delle opposizioni moderate e islamiste, area che è principale via di collegamento (e di offensiva militare) tra il sud e la capitale. Per farlo il governo punta oggi a isolare i ribelli e rompere la continuità territoriale delle zone occupate. Dietro, sta la necessità di sradicare quei gruppi di opposizioni moderate che si sono così stabilizzate a sud da intrattenere stabili rapporti con Israele: un rapporto delle Nazioni Unite di due mesi fa analizzava 18 mesi di stretta collaborazione tra ribelli moderati siriani e Tel Aviv, scambio di informazioni di intelligence e aiuti umanitari ai combattenti feriti.

Per riprendere il triangolo Damasco-Daraa-Quneitra, Assad ha dispiegato 5mila uomini, una delle azioni di controffensiva militare più ampie da quando scoppiò la guerra civile, nel 2011. La presenza degli alleati libanesi e iraniani (tanto significativo che il numero totale delle truppe pro-Assad potrebbe raggiungere le 10mila unità) è la dimostrazione dell’importanza che assume oggi la ripresa di una regione al confine con Israele e con il Golan occupato, dove l’esercito di Tel Aviv non ha mancato di mandare il suo personale messaggio bombardando postazioni di Hezbollah lo scorso 18 gennaio.

Hezbollah, a sud della Siria, è la reale guida dell’esercito di Damasco: presente fin da subito sul campo con 5mila uomini per frenare le opposizioni ad Assad, il movimento sciita guidato da Nasrallah sa bene quanto strategica sia la regione di Quneitra, collegamento naturale tra Giordania, Libano e Israele. “Sarà un’operazione dai risultati tremendi”, ha commentato Naim Qassem, capo in seconda di Hezbollah e vice segretario del partito. Perché per Quneitra passa il rafforzamento dell’asse sciita in Medio Oriente, una battaglia dall’enorme significato simbolico e geograficamente strategico. Ecco perché sul campo, accanto ai miliziani di Hezbollah e ai soldati siriani, ci sono anche comandanti iraniani, tra cui – dicono alcuni media arabi – Suleimani, capo dell’unità Al-Quds dei pasdaran, lo stesso presente sul campo di battaglia iracheno.

Così Teheran, che riallaccia le relazioni con Hamas a Gaza e si garantisce una presenza a nord del territorio israeliano, in Golan, punta a circondare simbolicamente Israele e a premere con più forza il proprio stivale sul governo siriano, oggi “anello debole” dell’asse sciita. Nena News

 

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