I casi sospetti sono almeno 4. Erano stati arrestati venerdì durante il maxi blitz dell’esercito nell’area di Arsal (a confine con la Siria). Human Rights Watch chiede l’apertura di una indagine. I militari, invece, parlano di decessi dovuti a “malattie croniche” che si sono aggravate
della redazione
Roma, 6 luglio 2017, Nena News – È giallo sulla morte di quattro rifugiati siriani arrestati venerdì scorso nel corso di una maxi retata compiuta dall’esercito libanese nell’area di Arsal (a confine con la Siria). Secondo i militari, i decessi sono stati causati da “malattie croniche” che si sono aggravate a causa delle cattive condizioni del tempo.
Diversa la versione di Human Rights Watch (HRW): “Alla luce della dichiarazione dell’esercito secondo cui le condizioni degli arrestati sono peggiorate durante la loro detenzione – ha detto in una nota Lama Fakih, vice direttrice della sezione Medio Oriente per HRW – deve essere aperta una inchiesta formale, trasparente e indipendente e, in caso di reato, chi è responsabile deve essere incriminato”.
Nella serata di ieri è giunta una dichiarazione simile da parte dell’Ufficio dell’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani.
La versione della morte naturale fornita dall’esercito non convince neanche il Centro libanese per i diritti umani (CLDH) che parla di almeno 4 detenuti morti perché torturati. Più dura è la Coalizione nazionale siriana (Snc) sostenuta dalla Turchia. Secondo l’Snc, infatti, sono 10 i siriani morti mentre erano detenuti in carcere e 19 le persone uccise nel blitz di venerdì compiuto dall’esercito.
“Rifiutiamo qualunque tentativo di giustificare queste violazioni e crimini contro i rifugiati siriani con il pretesto che servano a garantire la sicurezza o a combattere il terrorismo in Libano” ha affermato in un comunicato il Snc.
Le operazioni di sicurezza delle autorità libanesi della scorsa settimana hanno portato all’arresto di 335 persone e sono state definite dall’esercito azioni preventive contro gli attacchi pianificati nel Paese dai miliziani jihadisti. Nel corso di quel blitz, secondo la versione ufficiale, cinque attentatori suicidi si sono fatti saltare in aria ferendo diversi soldati e uccidendo una bambina di due anni.
La tensione resta altissima ad Arsal dove ieri diversi rifugiati hanno bloccato l’ingresso delle autoambulanze che avrebbero dovuto consegnare i corpi dei quattro uomini morti per la sepoltura. Secondo gli sfollati, infatti, i detenuti deceduti dovrebbero essere sottoposti prima ad autopsia. Stando a quanto ha dichiarato un residente all’Ap, di diverso parere sarebbe il sindaco della città, Bassil Hujeiri, che ha ordinato il trasporto delle salme al cimitero locale. Nelle dichiarazioni pubbliche, Hujeiri ha detto che l’autoambulanza è stata mandata su richiesta della polizia militare chiarendo che l’esercito controlla i varchi di accesso e uscita dalla città.
L’Agenzia statunitense Ap, inoltre, ha detto di essere entrata in possesso di tre foto che, stando a quanto le hanno detto i rifugiati di Arsal, apparterrebbero ai deceduti in questione. In due di queste i cadaveri presentano evidenti lividure sulla faccia e sull’addome che, sostiene l’avvocato dei diritti umani Nabil Halabi, potrebbero essere state causate da percosse. Un terzo corpo, invece, non avrebbe la testa.
I fatti di venerdì riportano al centro del dibattito le drammatiche condizioni in cui vivono centinaia di migliaia di siriani nei campi profughi libanesi. I rifugiati provenienti dalla Siria sono ufficialmente un milione (secondo alcune ong, un milione e mezzo) su una popolazione totale di 4,5 milioni di persone. Questo numero così enorme di sfollati, considerata pure la situazione politica e sociale in cui versa il Paese, rappresenta un problema di non facile gestione per le autorità locali e ha causato, non di rado, attacchi xenofobi da parte di alcuni libanesi.
Senza poi dimenticare che all’interno di questi campi (riconosciuti e improvvisati) hanno trovato rifugio diversi jihadisti (dall’autoproclamato Stato Islamico ai qa’edisti) provenienti dalla Siria contro i quali l’esercito locale si è più volte scontrato duramente. Del pericolo del terrorismo interno è tornato a parlare ieri il capo dello stato Michel Aoun che ha ribadito come i campi rifugiati siriani potrebbero diventare un “riparo sicuro” per i jihadisti. Nena News