Intervista a Kamel Mohanna, fondatore della Ong che lavora nel Paese dal 1979 e che dall’inizio del conflitto in Siria sta fornendo assistenza ai siriani arrivati in Libano, ma anche ai libanesi in difficoltà
di Sonia Grieco
Beirut, 14 marzo 2016, Nena News – Con 24 centri e sei cliniche mobili in tutto il Paese, la Ong libanese Amel negli ultimi cinque anni ha fornito assistenza e servizi ai rifugiati siriani arrivati a migliaia in Libano. E adesso ha lanciato la campagna per candidarsi al Premio Nobel per la Pace.
Sono circa 1,1 milioni quelli registrati dall’Unhcr, ma il governo libanese parla di oltre un milione e mezzo di persone che hanno attraversato il confine per fuggire dalle violenze del conflitto siriano. In un Paese di circa quattro milioni di abitanti i tratta di un impatto notevole, che il governo, alle prese con la crisi economica e lo stallo politico, fa fatica a gestire.
Per le strade di Beirut si incontrano donne e bambini siriani che elemosinano qualche spicciolo ai passanti, molti vivono in case affollate nelle periferie e nei campi profughi palestinesi, diventati un punto di approdo non solo per i siriani, ma anche gli immigrati che arrivano nel Paese. Tanti, invece, si sono sistemati in campi cosiddetti informali, vivono nelle tende e non hanno servizi. Ce ne sono circa 1.900, secondo gli ultimi dati, ma anche in questo caso c’è chi parla di numeri più alti. Il Libano non ha aperto campi di accoglienza dopo l’esperienza di quelli palestinesi che non sono stati mai più chiusi. Così le cliniche mobili di Amel girano per gli insediamenti della valle della Bekaa per fornire assistenza medica ai siriani. Nei centri, oltre all’assistenza medica, ci sono i programmi per i bambini e per gli anziani. E sono stati attivati anche progetti per le vittime del traffico di esseri umani, che include spesso donne sfruttate come lavoratrici domestiche. Negli ultimi cinque anni la Ong ha fornito 1,1 milioni di servizi nelle sue strutture.
Non sono solo i siriani a recarsi nei centri di Amel. Ci sono anche i libanesi più poveri tra i frequentatori delle strutture della Ong fondata nel 1979 da Kamel Mohanna, ora suo presidente, che insiste sulla connotazione non-settaria dell’organizzazione: “Diamo sostegno a chi ha bisogno, siriani e libanesi, senza distinzione di religione, di credo politico, di provenienza”. Una precisazione non di poco conto in un Paese attraversato da divisioni settarie che hanno provocato morte e devastazione durante i 15 anni di guerra civile finita nel 1990, ma che il presidente di Amel pensa possa essere invece un modello di convivenza. “In Libano”, dice, “siamo tutti minoranza, potremmo essere un modello di convivenza, ma solo se si punta sui valori della cittadinanza”.
“Lavoriamo per offrire sostegno alle persone, ma anche per contrastare il clima settario diffuso nel mondo arabo, dove si parla di sunniti, sciiti, alauiti, cristiani. A noi questo non interessa”, continua Mohanna, “Il nostro obiettivo è aiutare chi ne ha bisogno. È per questa nostra visione e per il lavoro che stiamo facendo con i siriani, con i migranti e con i libanesi che abbiamo deciso di provare a candidarci al premio Nobel per la Pace”. Nena News
L’intervista con Kamel Mohanna, presidente di Amel