In Iraq e in Siria la gestione dei flussi d’acqua viene utilizzata come arma di guerra e strumento di controllo. L’azione congiunta di più attori in ambito idrico rischia, così, di modificare la stessa struttura sociale dell’area travalicando gli effetti dei singoli eventi
di Francesca La Bella
Roma, 13 marzo 2017, Nena News - Le forze armate irachene hanno rafforzato la propria presenza lungo il fiume Tigri in provincia di Ninive, liberando una delle principali centrali idriche a nord ovest di Mosul. Durante l’operazione per liberare l’impianto che fornisce l’acqua alla maggior parte delle città del nord del Paese, la 16esima divisione dell’esercito iracheno, supportata dalla Brigata Abbas delle Unità Popolari di Mobilitazione (PMU), ha espulso le forze dello Stato Islamico dal vicino villaggio di Khawaja Khalil, sulla sponda orientale del fiume Tigri nei pressi della diga Badush.
Il significato di questa azione trascende, però, il piano prettamente militare. Il controllo idro-geologico, oltre ad essere alla base dell’amministrazione effettiva di un territorio nella logica di costruzione di uno Stato vero e proprio, può, infatti, essere considerato un significativo strumento di conflitto che colpisce, in particolar modo, i non-combattenti.
Attraverso il controllo di centri nevralgici per la distribuzione dell’acqua nel Paese come la diga di Tabqa, nella provincia di Raqqa in Siria o quelle di Ramadi e Falluja in Iraq, l’IS, in passato, è riuscito a bloccare per lunghi mesi i rifornimenti idrici a città strategicamente significative come Karbala, a numerose piccole comunità locali ed ad ampie distese di terreno agricolo. La gestione dei flussi d’acqua ha, inoltre, consentito allo Stato Islamico di creare un’economia dell’emergenza basata sul controllo strategico di un’ampia proporzione di territorio con una relativamente piccola potenza d’attacco.
A seguito dell’offensiva lanciata dalle truppe governative a metà ottobre per la riconquista di Mosul, inoltre, molte delle strutture idriche hanno subito gravi danni e buona parte dei quartieri orientali della città sono rimasti senza acqua mentre le squadre di tecnici che avrebbero dovuto riparare le condutture sono stati impossibilitati a raggiungere l’area a causa del perdurante conflitto. La gestione dei corsi di acqua dolce, la loro contaminazione e il blocco delle dighe ha, così, impattato direttamente sulla vita quotidiana della popolazione civile a causa di malattie e mancanza di servizi igienico sanitari, inducendo processi di migrazione forzata e di massa.
Allo stesso modo, in Siria l’acqua si sta trasformando giorno dopo giorno in un importante strumento di guerra. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa curda Hawar News Agency, a fine febbraio, la Turchia avrebbe tagliato improvvisamente l’approvvigionamento idrico verso il lato sud del confine con il conseguente blocco dell’impianto idroelettrico di Tishrin sul fiume Eufrate.
La diga, posta a monte del Lago Assad e della diga Tabqa che garantiscono l’approvvigionamento idrico di Aleppo e l’irrigazione di oltre 640.000 ettari di terreno agricolo siriano, fornisce l’acqua alle principali città del nord della Siria e, in particolare, alle aree a maggioranza curda intorno alla città di Manbij e nel cantone di Kobane.
Le problematiche legate alla gestione turca dell’acqua dei fiumi Tigri e Eufrate non è, però, legata solamente agli ultimi eventi. Già nel maggio del 2014, Ankara aveva indotto un blocco del flusso idrico verso la Siria con il conseguente abbassamento sotto il livello di guardie delle riserve del Lago Assad. In quell’occasione alcuni analisti sottolinearono come le problematiche della chiusura potessero superare i confini, portando le proprie conseguenze anche in territorio iracheno. Dato il basso flusso del fiume Tigri, buona parte della fornitura di acqua dolce dell’Iraq proviene dalla Turchia e scorre attraverso la Siria prima di essere raccolto nelle dighe irachene.
La scarsità di portata e di pressione dell’acqua potrebbe avere un effetto devastante sulle strutture e, di conseguenza, sui territori iracheni, in alcune aree già al limite della desertificazione. Si ricordi, infine, che nei due fiumi il tasso di salinità è naturalmente più alto rispetto ad altri corsi d’acqua a causa di una forte erosione del terreno. La diminuzione della portata potrebbe, in questo senso, indurre un ulteriore aumento di questo indice rendendo l’acqua non potabile con gravi conseguenze sia sull’approvvigionamento alimentare sia nel settore agricolo e delle coltivazioni.
L’azione congiunta di più attori in ambito idrico potrebbe, dunque, modificare la stessa struttura sociale dell’area travalicando gli effetti dei singoli eventi.Nena News
Francesca La Bella è su Twitter @LBFra