Nelle ultime settimane il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha incontrato più volte i leader dei paesi balcanici per parlare delle sfide future, confermando il proprio ruolo di attore fondamentale per il futuro della regione
di Marco Siragusa
Roma, 25 giugno 2021, Nena News – Il 17 e 18 giugno si è svolto ad Antalya (Turchia) il summit annuale del Processo di cooperazione nell’Europa sud-orientale (Seecp) che vede protagonisti 13 paesi della regione. Quest’anno, la presidenza spettava alla Turchia che ha sfruttato l’occasione per rimarcare il proprio impegno nell’area. A margine delle discussioni ufficiali del Processo, Erdogan ha avuto incontri bilaterali con i rappresentanti della presidenza tripartita della Bosnia-Erzegovina, con il primo ministro croato Andrej Plenković e con la premier serba Ana Brnabić.
La sorpresa più significativa è stata la firma posta dal membro serbo della presidenza bosniaca Milorad Dodik alla dichiarazione conclusiva del summit che conferma la prospettiva dell’integrazione euro-atlantica dei Balcani. Un punto su cui Dodik si è mostrato sempre fortemente ostile, soprattutto in riferimento alla possibile adesione della Bosnia alla Nato. La sua firma, seppur priva di qualsiasi concreta conseguenza, rappresenta senza dubbio una vittoria per Erdogan che ha così dimostrato di poter essere ben più convincente degli alleati-rivali europei e statunitensi.
Il riconoscimento dell’importanza dell’attivismo turco per la stabilità della Bosnia Erzegovina è stata confermata anche dal premier croato Plenković che ha esplicitamente chiesto a Erdogan il sostegno per il raggiungimento di un accordo su una riforma elettorale in grado di rispettare l’uguaglianza dei tre popoli costitutivi della Bosnia (croati, serbi e bosgnacchi). Il premier croato, probabilmente vittima di un attacco di amnesia, ha inoltre ringraziato la Turchia per “la cura nell’impedire la riattivazione della rotta migratoria nei Balcani”.
Per quanto riguarda invece l’incontro con la premier serba Brnabić, i due leader hanno affrontato il tema della crescente cooperazione economica tra i loro paesi soprattutto nel campo delle infrastrutture. Brnabić ha inoltre approfittato dell’occasione per ringraziare la Turchia per le donazioni ricevute durante la pandemia. Da parte sua Erdogan si è detto impaziente per una prossima visita del presidente serbo, suo amico e alleato, Aleksandar Vučić.
Immediatamente dopo la conclusione dei lavori del Seecp ha avuto inizio un’altra due giorni di incontri internazionali: l’Antalya Diplomacy Forum che ha visto la partecipazione di ben 12 capi di Stato e di governo, una cinquantina di ministri degli Esteri e decine di rappresentanti di organizzazioni internazionali, giornalisti e accademici di tutto il mondo. Anche in questo occasione, ai Balcani è stata riservata un’attenzione particolare con lo svolgimento di un panel cui hanno partecipato i tre presidenti bosniaci, la presidente del Kosovo Vjosa Osmani e il presidente macedone Stevo Pendarovski.
Come spesso accade, gli incontri collaterali sono stati probabilmente più interessanti di quelli pubblici. Milorad Dodik, ad esempio, ha accolto con favore l’assistenza turca rivolta al rilancio dell’economia bosniaca rappresentata soprattutto dal progetto autostradale della Sarajevo-Belgrado, un progetto “portatore di speranza per tutti” secondo il leader serbo-bosniaco.
Ancora più netto il rappresentante dei bosniaci musulmani, Sefik Džaferović, che ha lanciato una critica alla comunità internazionale dichiarando di voler vedere “più solidarietà, meno interesse e meno egoismo”. Chiaro il riferimento alle prime fase della pandemia quando, secondo il leader bosgnacco, “la Bosnia ha ricevuto aiuto e sostegno dagli amici che sono qui” (la Turchia, ndr).
Non molto diverso quanto detto dalla presidente del Kosovo Vjosa Osmani che ha ringraziato la Turchia per il sostegno nella lotta per il riconoscimento e la membership del suo paese nelle organizzazioni internazionali. Osmani ha persino promesso di contattare direttamente le istituzioni turche ogniqualvolta il suo paese abbia bisogno di supporto. In una breve intervista per l’agencia Anadolu Osmani ha criticato l’Unione Europea per la mancata liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari nonostante il Kosovo rispetti già da tre anni i criteri imposti dall’Unione. Proprio per questo, la premier ha detto di aspettarsi molta più serietà dai paesi europei.
Il Forum di Antalya è diventato l’occasione perfetta per criticare l’Unione Europea anche per il presidente macedone Stevo Pendarovski secondo cui “le nostre storie europee (di Macedonia del Nord e Turchia, ndr) non hanno avuto molto successo in parte per colpa dei nostri partner a Bruxelles”. Negli ultimi tre anni infatti, la Macedonia del Nord, pur avendo risolto l’ultradecennale diatriba con la Grecia sul nome, ha ricevuto diverse delusioni dai paesi membri. Prima il veto francese del 2018 alle negoziazioni per l’adesione all’Ue, poi la mancata approvazione della Bulgaria del quadro negoziale che ha di fatto bloccato la convocazione della Conferenza intergovernativa necessaria a dare il via ai colloqui. Pendarovski ha invece espresso gratitudine alla Turchia per il sostegno ricevuto durante la pandemia e soprattutto per l’adesione della Macedonia del Nord alla NATO, avvenuta nel marzo 2020.
Tra i partecipanti al summit non poteva mancare l’intramontabile presidente montenegrino Milo Djukanović che, nell’incontro bilaterale, ha ribadito la forte amicizia tra i due paesi. Una relazione che, come nel caso della Macedonia del Nord, include la comune appartenenza alla Nato e al processo di adesione all’Ue. Lo stesso Djukanović ha poi sottolineato l’importante ruolo esercitato nel paese dall’Agenzia Turca di Cooperazione e Coordinamento (TIKA) con oltre 300 progetti realizzati nel settore della salute, della cultura e dell’istruzione dal 2007 a oggi.
In un’intervista per Anadolu, il presidente montenegrino si è detto sicuro che “il Forum di Antalya diventerà un’altra piattaforma di altissima qualità per la revisione dei processi economici e politici globali”. Ancora più esplicito il ministro degli Esteri Djordje Radulović secondo cui “un amico è davvero un amico nel momento del bisogno. E la Turchia è stata davvero nostra amica quando ne avevamo più bisogno, fornendoci forniture mediche” durante la crisi pandemica. Radulović ha poi firmato con il ministro degli Esteri turco Mevlut Çavusoglu un memorandum di cooperazione economica con particolare riferimento al settore turistico, tra i più importanti del Montenegro.
Questi appuntamenti dimostrano come Erdogan tenga in altissima considerazione i Balcani occidentali presentandosi come una concreta alternativa ad un’Unione Europea ormai da troppi anni impantanata in tecnicismi, occasioni perse e preoccupanti incapacità. Tra queste la mancanza di una prospettiva concreta di sostegno alla ripresa economica e alla definitiva riconciliazione etnica in Bosnia Erzegovina, i continui rallentamenti nel processo di adesione e i fallimenti relativi alla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, come confermato dall’infruttuoso incontro tra le parti dello scorso 15 giugno a Bruxelles. Temi su cui la Turchia sta provando a ritagliarsi un proprio spazio anche grazie agli importanti investimenti nel campo delle infrastrutture e della cultura. Una nuova, impegnativa sfida per l’egemonia europea nella regione.