I primi sei mesi del 2021 hanno fatto da sfondo a un processo simile a quello dell’anno precedente: aumentano gli scontri militari tra forze governative e gruppi jihadisti, a cui si accompagna una instabilità politica strutturale
di Federica Iezzi
Roma, 25 settembre 2021, Nena News – In testa alla lista dei conflitti armati da osservare del The Armed Conflict Location & Event Data Project, si conferma il Sahel. Continua a consolidarsi l’influenza di gruppi jihadisti in Mali, Niger e Burkina Faso e continuano ad espandersi le loro attività in Costa d’Avorio, Benin e Ghana.
La significativa instabilità politica nel Sahel completa il quadro. Il Mali ha subito due colpi di stato militari nei nove mesi tra agosto 2020 e maggio 2021. Il presidente ciadiano Idriss Deby Itno è stato ucciso durante un’incursione dei ribelli in Ciad dalla vicina Libia nell’aprile 2021. Il Niger ha attraversato contestate elezioni e un presunto tentativo di colpo di stato nel marzo 2021.
I rapporti tra gli affiliati ad al-Qaeda, Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (JNIM), e l’Islamic State in the Greater Sahara (ISGS) si sono deteriorati in una vera e propria guerra per il territorio, soprattutto nell’area Liptako-Gourma sul confine tra Mali, Niger e Burkina Faso, contornata da pressioni esterne sostenute dall’operazione Barkhane, a guida francese. JNIM e ISGS hanno spostato i loro sforzi in aree geografiche, oltre la portata immediata di forze esterne, attaccando milizie etniche e gruppi di autodifesa. Ulteriore elemento destabilizzante nell’area è stata la recente uccisione, da parte delle forze francesi, del leader dell’ISGS, Adnan Abu Walid al-Sahrawi.
I primi sei mesi del 2021 mostrano una traiettoria simile a quella dell’anno precedente, con cicli perpetui e crescenti di violenza. L’escalation di combattimenti in Burkina Faso, nelle aree di Solhan e Bilibalogo, segue il crollo di un fragile cessate il fuoco tra le forze armate governative e il JNIM, in vigore per la maggior parte del 2020. Nel Burkina Faso orientale, i combattenti affiliati al JNIM hanno esercitato pressioni in piccole comunità isolate tra cui Mansila, Tankoualou, Tanwalbougou, Kpenchangou e Madjoari.
Lo sconvolgimento politico in seguito al secondo colpo di stato a guida militare in Mali, ha acuito il conflitto. Come diretta conseguenza, la Francia ha sospeso le operazioni militari a fianco delle forze maliane e la brusca interruzione ha evidenziato la posizione sempre più problematica della Francia nel supporto di regimi controversi e antidemocratici.
La Francia sembra che intenda investire il Niger di responsabilità centrale, sia a livello operativo che logistico. Niamey è infatti pronta ad ospitare il nuovo centro di comando e controllo della Task Force Takuba. La fine dell’Operazione Barkhane, guidata dal 2014 dall’esercito francese, insieme a un graduale ritiro delle truppe militari e alla chiusura di basi militari nel nord del Mali, ha portato a costruire una coalizione più ampia con una maggiore condivisione degli oneri con altri Paesi europei.
Nel frattempo, come parte della trasformazione della missioni militare francese, si concretizza la cooperazione con gli Stati Uniti sulle operazioni di antiterrorismo in Africa. Completa l’assetto l’assunzione di maggiori responsabilità da parte dello stesso Sahel per la propria sicurezza, coinvolgendo truppe da Burkina Faso, Ciad, Mali, Niger e Costa d’Avorio.
Sia il Mali che il Burkina Faso hanno avviato trattative con i gruppi jihadisti, con vari gradi di coinvolgimento del governo centrale. In Mali, il Ministry of National Reconciliation ha incaricato una delegazione del High Islamic Council of Mali (HICM) alla facilitazione dei colloqui. Molti accordi sono stati negoziati direttamente tra comunità locali e militanti JNIM.
L’aumento dei danni collaterali su obiettivi civili è stato in gran parte indotto dalla formazione, da parte dell’ISGS, di gruppi di autodifesa tra gli abitanti delle aree rurali. Nena News
Pingback: FOCUS ON AFRICA | federicaiezzi