La corte ordina di tornare alle elezioni: le precedenti macchiate da brogli. Nella tradizionale rubrica del sabato andiamo anche in Sudafrica dove un tribunale emette un mandato d’arresto per l’ex presidente Zuma e in Sahel dove la Francia manda altre migliaia di soldati
di Federica Iezzi
Roma, 8 febbraio 2020, Nena News
Malawi
Il presidente del Malawi Peter Mutharika ha in programma di contestare la decisione di un tribunale di rovesciare la sua ultima vittoria elettorale nel 2019, con una mossa che potrebbe portare a nuove proteste dell’opposizione.
Mutharika è stato dichiarato vincitore alle elezioni dello scorso maggio con il 38,5% dei voti, seguito da Lazarus Chakwera, con il 35%, e l’ex vicepresidente Saulos Chilima, con il 20%.
Dopo sei mesi di audizioni che hanno bloccato il paese, cinque giudici hanno decretato che la vittoria alle elezioni presidenziali di Mutharika non è stata “debitamente integra”, citando irregolarità enormi, sistematiche e diffuse.Il presidente ha fino a sei settimane per fare appello.
Dall’annuncio dei risultati elettorali, il Malawi è entrato in un turbine di proteste per chiedere le dimissioni di membri senior della commissione elettorale per presunta cattiva gestione del voto.
Dopo la sentenza, la Human Rights Defenders Coalition, che aveva contribuito a organizzare le proteste, ha minacciato di riprendere le manifestazioni pacifiche a meno che non ci fossero immediati cambiamenti nel corpo elettorale.
I due contendenti hanno chiesto al tribunale di annullare i risultati, sostenendo diverse irregolarità. Il tribunale ha affermato che solo il 23% dei risultati è stato verificato e che il risultato annunciato dalla commissione elettorale non può essere considerato come un vero riflesso della volontà degli elettori.
È la prima volta che un’elezione presidenziale è stata contestata per motivi legali in Malawi dall’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1964. Rimane il secondo voto africano annullato, dopo il voto presidenziale del Kenya del 2017.
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Sudafrica
Un tribunale sudafricano ha emesso un mandato di arresto per l’ex presidente Jacob Zuma, a causa della non comparsa a un’udienza preliminare per un caso di corruzione, per necessità di cure mediche presso un ospedale militare.
L’ex leader è sotto processo con 18 accuse di frode, racket e riciclaggio di denaro pubblico relativo a un accordo militare da due miliardi di dollari con la società di difesa francese Thales nel 1999, quando Zuma era vicepresidente. È accusato di aver accettato 34mila dollari ogni anno da Thales dal 1999, in cambio della protezione della società da un’indagine sull’accordo.
Zuma, presidente dal 2009 al 2018, aveva precedentemente richiesto una sospensione permanente del procedimento, ma il tribunale di Pietermaritzburg ha respinto il suo appello lo scorso novembre.
La National Prosecuting Authority (Npa) aveva presentato le accuse contro Zuma ben dieci anni fa, ma le ha messe da parte poco prima che si candidasse con successo alla presidenza nel 2009. A seguito degli appelli e delle pressioni esercitate dai partiti dell’opposizione, l’Npa ha ripristinato le accuse nel marzo 2018.
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Sahel
La Francia ha dichiarato che rafforzerà la sua presenza militare nel Sahel aggiungendo 600 truppe alla sua operazione di 4.500 in Mali e in altri quattro paesi della regione.
Il ministro della difesa francese Florence Parly ha dichiarato che la maggior parte dei rinforzi sarebbe stata dispiegata entro la fine di febbraio nella zona di confine tra Mali, Burkina Faso e Niger per contrastare la crescente violenza perpetrata da gruppi armati.
Il rafforzamento dovrebbe consentire alle truppe di aumentare la pressione contro l’Isis-Great Sahara. Un’altra parte di questi rinforzi, invece, sarà direttamente impegnata all’interno delle forze del Sahel G5 (Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad).
Negli ultimi mesi un aumento della violenza nella regione, dove sono attivi più gruppi armati, ha alimentato una sensazione di maggiore insicurezza tra i locali.
Il mese scorso l’inviato delle Nazioni Unite per l’Africa occidentale ha dichiarato al Consiglio di sicurezza che gli attacchi sono aumentati di cinque volte in Burkina Faso, Mali e Niger dal 2016. Nel 2019 sono stati registrati oltre 4mila morti. Nena News
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