La Corte Penale del Cairo, chiamata a confermare la condanna a morte dell’ex presidente, pospone la decisione. In Egitto è Stato di polizia: 2.600 morti dal golpe del luglio 2013 e prigioni sovraffollate, quattro volte tanto la loro capienza.
AGGIORNAMENTO ore 13.30 – CORTE DEL CAIRO POSPONE DECISIONE SU CONDANNA A MORTE
La Corte Penale del Cairo ha rinviato la decisione in merito alla condanna a morte dell’ex presidente Morsi: “Il tribunale ha deciso di posporre il verdetto al 16 giugno per completare la discussione con gli imputati, che nel frattempo continueranno a restare in custodia”.
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della redazione
Roma, 2 giugno 2015, Nena News – Oggi si decidono le sorti del deposto presidente egiziano Mohammed Morsi. Rappresentante dei Fratelli Musulmani, primo presidente democraticamente eletto al Cairo, è agli arresti dal 3 luglio 2013, quando l’esercito guidato dal generale al-Sisi ha preso il potere nel paese.
Accusato di aver ordito nel 2011 un’evasione di massa da una prigione egiziana, il mese scorso Morsi è stato condannato a morte insieme a 106 membri della Fratellanza. Oggi la Corte Penale del Cairo è chiamata a decidere sulla validità della sentenza preliminare emessa il 16 maggio, una decisione che – specificano dal tribunale – può essere appellata entro due mesi dalla difesa.
Ieri, mentre Morsi attendeva di conoscere il suo futuro, le autorità egiziane tornavano a colpire il movimento islamista, da due anni target della repressione del nuovo governo al-Sisi: altri due leader del gruppo, Mahmoud Ghozlan e Abdul Rahman al-Barr, sono stati arrestati dalle forze di sicurezza. Ghzlan era il portavoce del movimento e membro dell’ufficio politico, come al-Barr.
Secondo quanto riferito dal governo, i militari hanno così smantellato una cellula della Fratellanza che stava lavorando alla raccolta di informazioni su istituzioni statali. L’ennesimo caso di repressione del movimento, dichiarato illegale e organizzazione terrostistica dopo il golpe del luglio 2013. La crociata di al-Sisi contro i Fratelli Musulmani e i gruppi islamisti è guidata da interessi particolari: in primo luogo, l’utilizzo della guerra al terrore, in cui la Fratellanza è stata infilata, per ottenere riconoscimento internazionale, aiuti militari e finanziari dall’Occidente e soprattutto l’omertà necessaria a procedere con l’oppressione di ogni voce critica all’interno.
In secondo luogo, l’individuazione del nemico perfetto alla giustificazione di uno Stato di polizia. Oltre 2.600 persone sono state uccise in Egitto dal luglio 2013 al 31 dicembre 2014, riporta il National Council for Human Rights, organizzazione indipendente egiziana. Diciotto mesi che hanno visto un’escalation delle violenze, soprattutto di Stato. Tra questi oltre la metà sono sostenitori o simpatizzanti dei Fratelli Musulmani, altri 700 poliziotti e 550 civili.
Alla morte si aggiunge la prigione: le carceri egiziane non sono mai stato tanto affollate, quattro volte tanto la loro capacità. A riempirle non sono tanto criminali comuni, ma attivisti politici che non simpatizzano per il nuovo regime. Buona parte degli arresti segue alle proteste di piazza contro le politiche del nuovo rais al-Sisi, soprattutto dopo le leggi emesse dal governo che limitano drasticamente la libertà di manifestazione e espressione. Così, dietro le sbarre finiscono tutte le voci contrarie, da quelle della Fratellanza a quelle della sinistra che tanto ha dato per il rovesciamento di Mubarak nel 2011. Nena News
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