Due mesi dopo essere ritornata nell’Unione Africana, Rabat ha chiesto venerdì l’esclusione della Repubblica democratica araba dei Sahrawi (Sadr) da un summit continentale tra i ministri economici
della redazione
Roma, 28 marzo 2017, Nena News – Che il ritorno del Marocco all’Unione Africana (Au) potesse voler dire attaccare diplomaticamente il popolo sahrawi non era difficile da prevedere. Più difficile era capire quando questo sarebbe avvenuto. I dubbi sono stati fugati lo scorso venerdì quando Rabat ha chiesto l’esclusione della Repubblica democratica araba dei Sahrawi (Sadr) da un incontro a Dakar (Senegal) tra la Commissione Economica per l’Africa (Eca) e l’Au. Il motivo? Sadr, pur essendo membro dell’Unione africana, non è uno stato membro dell’Onu e non ha dunque il diritto di prendervi parte.
Le pressioni marocchine hanno avuto subito effetto: il meeting, tappa preparatoria per il vertice tra i ministri dell’economia africani che era fissato per il 27 e il 28 marzo, è stato infatti posticipato nonostante fossero già presenti i rappresentanti degli stati africani così come quelli dei vari partner internazionali. A nulla sono serviti i tentativi disperati dell’ultima ora (negoziati tra le parti, la minaccia di alcune delegazioni di ritornarsene a casa, l’arrivo del Segretario generale dell’Eca) per far cambiare idea a Rabat o, quantomeno, dare inizio ai lavori senza di lei.
Il rinvio ha scatenato le proteste di alcuni attori regionali. Intervistato dal portale Middle East Eye, un diplomatico non ha nascosto la sua delusione: “Questa crisi – ha detto – rappresenta un importante precedente perché il Marocco ha fatto saltare l’incontro. Ci troviamo ora in una situazione di stallo totale perché se il Sadr viene escluso, allora altre delegazioni come Nigeria, Sud Africa o Algeria, pezzi grossi dell’Unione africana, boicotteranno il summit”. “Questa crisi – ha aggiunto – è irrisolvibile perché i sahrawi, pur essendo membri dell’Au, non lo sono dell’Eca. E quest’ultima non può escluderli”.
Sempre su Middle East Eye, un giudice algerino vicino al dossier sahrawi ha poi osservato come “le argomentazioni marocchine [sull’esclusione dei sahrawi] non sono convincenti. Sedersi ad un tavolo multilaterale con il Sadr, infatti, non obbliga in nessun modo il suo riconoscimento da parte dell’Eca o dell’Onu. L’Algeria siede affianco di Israele durante i meeting dell’Onu anche se poi non la riconoscerà mai”. Per il giudice, quindi, il Marocco andrebbe denunciato perché “viola i suoi impegni internazionali” derivanti dalla costituzione dell’Au che Rabat ha ratificato senza riserve. Questa, infatti, impone agli stati di rispettare e difendere l’indipendenza degli altri membri dell’organismo. Impedire a uno di questi come il Sadr di partecipare al vertice multilaterale vuol dire limitare la sua indipendenza”.
Secondo un diplomatico africano, l’obiettivo marocchino non era però “escludere il Sadr oggi [venerdì, ndr], ma mandare un messaggio. E’ come se stessero dicendo: ‘Non siamo ritornati nell’Au per farci comandare’. A gennaio erano ritornati con grandi sorrisi, ora hanno iniziato a mostrare i denti”. I primi segnali, in tal senso, erano apparsi il 20 marzo ad Addis Ababa (Etiopia) quando Rabat ha boicottato l’incontro del Consiglio di sicurezza e pace dell’Unione Africana sulla situazione del Sahara Occidentale definendolo “improduttivo e unilaterale”.
Con l’annullamento dell’incontro di Dakar, sembrano essere confermate le analisi di diversi commentatori internazionali che hanno letto il ritorno marocchino all’Au (lo scorso gennaio, dopo 33 anni di assenza) come un tentativo di Rabat di contrastare il popolo sahrawi anche in campo diplomatico ostacolando qualunque risoluzione che possa giovare alla sua causa. Un progetto ambizioso che ha concrete possibilità di realizzarsi grazie al peso politico che ha il Paese arabo nel continente e alla rete di alleanze che re Mohammed VI ha saputo coltivare a livello regionale. Il sovrano spingeva da anni per ritornare all’Unione Africana ben sapendo che solo all’interno di questo organismo Rabat può combattere i principali sponsor della lotta Sahrawi (Algeria e Sud Africa in testa).
Il re era sceso in campo in prima persona alcuni mesi fa quando ha compiuto un tour di vari stati africani nel tentativo di incassare il loro ok all’ingresso del suo Paese nell’Au. Oltre alla causa sahrawi, il ritorno marocchino nell’organismo regionale ha anche una spiegazione economica: il re guarda sempre più a sud dove cerca di allargare la sua sfera di influenza. Per realizzare questo obiettivo, rientrare nell’Unione è apparso come un passo obbligatorio.
Affinché però il progetto espansionistico marocchino possa vedere luce, è necessario in primo luogo un governo stabile e forte. Il recente annuncio del premier el-Othamani dell’imminente formazione di una coalizione governativa (dopo mesi di impasse politica) va sicuramente in questa direzione. L’annuncio, fatto venerdì, non avrà rallegrato il Fronte Polisario che lotta per l’indipendenza del Sahara Occidentale e che chiede un referendum per l’autodeterminazione del suo popolo. Il movimento indipendentista e il Marocco si scontrano dal 1975, da quando l’ex potenzia coloniale spagnola si è ritirata dal territorio. Nena News