Erdogan lo aveva promesso: “cortei e riunioni a Taksim il 1 maggio non saranno consentiti”. E così in una città blindata, al tentativo delle migliaia di manifestanti di rompere il divieto del Premier, le autorità turche stanno rispondendo con durezza. Ma chi è sceso per strada non sembra intenzionato a rinunciare alla storica piazza. VIDEO
della redazione
Roma, 1 maggio 2014, Nena News – Come era prevedibile è un primo maggio di duri scontri a Istanbul. Il Premier turco Erdogan lo aveva promesso la scorsa settimana: “non saranno consentiti assembramenti e riunioni a Piazza Taksim il 1 maggio”. E poi aveva aggiunto minaccioso: “Quelli che hanno intenzione di celebrare [la festa dei lavoratori, ndr] stanno in pratica dicendo: ‘sono pronto per gli scontri’. Perdete ogni speranza per Taksim, non entrate in guerra contro lo stato”.
Alle parole, oggi sono seguiti i fatti. Il centro di Istanbul è blindato: impiegati oltre 40.000 poliziotti, dozzine di camion dotati di cannoni ad acqua e blindati si trovano nelle aree vicine a Piazza Taksim, nel cuore della città. Molti negozi situati nei pressi della piazza sono rimasti chiusi.
Quando i manifestanti hanno provato ad entrare in piazza, la polizia ha incominciato a sparare cannoni ad acqua ed ingenti quantità di lacrimogeni nel tentativo di disperderli. L’obiettivo delle forze di opposizione, degli attivisti e dei lavoratori scesi stamane in piazza è rompere il divieto di celebrare la festa dei lavoratori nella centrale Piazza Taksim di Istanbul, luogo storico di lotta e al centro delle proteste della scorsa estate brutalmente represse dal governo. Fonti dell’intelligence turche motivano la chiusura della piazza perché sarebbe un pretesto per alcuni “gruppi terroristici illegali” per compiere violenze contro le forze dell’ordine.
Secondo la Reuters i manifestanti avrebbero provato a sfondare il cordone della polizia nel quartiere di Besikitas non molto lontano da Taksim. Al lancio di pietre, petardi e bottiglie molotov le forze dell’ordine in assetto antisommossa hanno risposto con cariche, lancio di lacrimogeni, cannoni ad acqua e pallottole di gomma. Mentre vi scriviamo, i manifestanti provano a non abbandonare le aree adiacenti la piazza. La polizia, incapace di disperderli, ha chiuso tutte le vie d’accesso a Taksim.
I cortei sono partiti stamattina sul presto in diverse zone della città. Il primo gruppo di manifestanti si è dato appuntamento alle 7 nell’area di Șișli, a nord di Taksim. Altri invece, radunati sotto la sede della principale forza d’opposizione il Partito del Popolo Repubblicano (CHP), si sono scontrati con la polizia.
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Nel quartiere Odakule molti giornalisti sono stati bloccati dalla polizia ed è impedito anche a loro di recarsi a Taksim se sprovvisti di uno “speciale permesso” emesso dall’Ufficio del Governatore. Le forze dell’ordine vietano agli operatori dei media di fotografare e riprendere quanto sta accadendo. Secondo quanto riporta il quotidiano locale Hurriyet, il corteo della Confederazione dei Sindacati progressisti (DISK) è stato subito fermato non appena si era messo in cammino per Taksim.
Le autorità turche invitano coloro che protestano nelle piazze a manifestare solo nell’area di Yenikapi. Troppo simbolica e storica Taksim, luogo imprescindibile per i sindacati e lavoratori turchi. Nel 1977 la festa dei lavoratori fu teatro di un massacro di matrice neofascista e paramilitare. A perdere la vita furono 36 persone sparati da cecchini (mai individuati) appostati sui tetti. Per anni, dopo quella terribile mattanza, ai lavoratori venne impedito di celebrare il 1 maggio in quella piazza per “motivi di sicurezza”. Taksim è stata spesso chiusa in occasione della festa dei lavoratori.
L’anno scorso fu vietata perché ufficialmente era “interessata a lavori di ristrutturazione”. La decisione suscitò rabbia e indignazione da parte dell’Opposizione e degli attivisti e fu il preludio alle rivolte che di lì a poco sarebbero avvenute attorno alla vicenda Gezi Park. Una piazza che raccoglie le voci variegate di chi si oppone con forza al “sultanato” di Erdogan il quale però, nonostante gli scandali di corruzione e la dura repressione di ogni forma di dissenso, governa indisturbato nel Paese. Una voce, quella di Taksim, che travalica i confini nazionali ma che non ha ancora la forza di imporsi in patria dove il leader di AKP continua a stravincere alle elezioni. Anche se non sempre legalmente. Nena News