La durissima repressione del movimento del 2013 ha annichilito la lotta all’autoritarismo e il neoliberismo di Erdogan. Ma ieri la gente è tornata in piazza
della redazione
Roma, 1 giugno 2016, Nena News – Sono passati tre anni dalla protesta anti-governativa che destabilizzò il governo turco e seppe creare un movimento popolare intorno alla lotta alla gentrificazione e alle politiche neoliberiste di Ankara. Il movimento di Gezi Park e Taksim Square a Istanbul è stato soffocato nel sangue, una violenza di strada senza precedenti: gas lacrimogeni, cannoni ad acqua, arresti indiscriminati.
Alla fine, in tre mesi di manifestazioni che hanno coinvolto tra i 3,5 e i 7 milioni di persone, i morti per mano della polizia sono stati undici, oltre 8mila i feriti, quai 5mila gli arrestati. Immagini di estrema violenza che hanno fatto il giro del mondo indignando le opinioni pubbliche europee, ma anche immagini di resistenza che hanno fatto da modello a tanti altri movimenti popolari.
E se a far esplodere le proteste è stato il destino di Gezi Park (per cui il governo dell’allora premier Erdogan aveva disegnato un progetto residenziale e commerciale che lo avrebbe distrutto), in breve tempo nel calderone è finito l’operato dell’Akp, il partito di governo: l’autoritarismo di Erdogan; il neoliberismo selvaggio; la stretta islamista; violazione costante dei diritti umani; censura dei media. Così ai primi sit-in per impedire ai bulldozer di distruggere il parco si sono aggiunti sempre più giovani, attivisti, famiglie, semplici cittadini.
Le prime manifestazioni cominciarono il 27 maggio, ma il 31 divennero nazionali quando la polizia attaccò un gruppo di 50 persone che aveva creato un campo di tende per impedire lo sradicamento degli alberi del parco. Immediata la reazione: a Istanbul decine di migliaia di persone marciarono verso Taksim, mentre la protesta si allargava al resto del paese, 81 province.
Tutte politiche che non sono certo finite con Gezi Park ma si sono amplificate nelle mani dell’Erdogan oggi presidente che punta a stravolgere la costituzione per dare vita ad un sistema politico schiavo. Per questo ieri, nel terzo anniversario di quel movimento, la gente ha provato a gridare ancora la propria rabbia. La polizia si è preparata in anticipo: barricate sono state erette tutte intorno Taksim Square e Gezi Park è stata chiuso da cordoni di poliziotti anti-sommossa per impedire assembramenti. Intorno anche veicoli militari e i temuti cannoni ad acqua.
Alcuni attivisti sono stati arrestati in vista delle attese proteste negli uffici della camera degli architetti, tra le colonne delle proteste di 3 anni fa: tra i detenuti anche il segretario generale Yapici e l’avvocato Atalay. Ma nonostante le “precauzioni” della polizia i manifestanti sono riusciti a marciare nel pomeriggio di ieri lungo Istiklal Avenue, la via dello shopping di Istanbul. Scontri sono scoppiati tra la polizia e alcuni manifestanti e si sono conclusi degli arresti. Intanto nelle stesse ore anche Ankara manifestava solidarietà con Istanbul, scendendo in piazza.
Continuano a protestare anche perché a tre anni di distanza di giustizia per gli 11 morti non ce n’è: solo 5 sospetti sono stati processati, ma per il resto nessuna indagine è stata portata avanti. Per le corti turche le immagini pubblicate su internet non sono sufficienti a determinare i colpevoli. Nena News