Una circolare del ministero degli Interni introduce il divieto a registrare il comportamento degli agenti durante manifestazioni di piazza, citando il diritto alla privacy. I primi effetti si sono visti il primo maggio. Reagiscono avvocati e gruppi per i diritti umani
della redazione
Roma, 4 maggio 2021, Nena News – Vietato filmare le proteste e soprattutto la repressione della polizia. E’ il contenuto di una circolare emanata lo scorso 30 aprile dal Direttorato generale turco per la Sicurezza (sotto l’autorità del ministero degli Interni), una decisione che ha già scatenato proteste e spinto i gruppi per i diritti umani del paese ad annunciare cause legali.
La decisione, comunicata il giorno precedente il primo maggio, storicamente celebrato in Turchia con manifestazioni e cortei (a Istanbul tradizionalmente verso piazza Taksim, epicentro nel 2013 della mobilitazione a difesa di Gezi Park), è stata letta da molti come un modo per impedire il diffondersi di notizie sull’eventuale violenza degli agenti, in un periodo in cui il paese è attraversata dalla protesta degli studenti dell’Università di Bogazici, iniziata a gennaio scorso e mai terminata.
Utilizzando le restrizioni contro il diffondersi della pandemia di Covid-19, quest’anno il governo ha vietato cortei e manifestazioni e la partecipazione dei lavoratori e le lavoratrici alle celebrazioni, permettendo solo la presenza di alcuni rappresentanti dei sindacati a simbolici sit-in. C’è chi ha comunque provato a celebrare il primo maggio: oltre 200 gli arresti, mentre ai giornalisti è stato impedito di riprendere gli scontri e si sono visti requisire equipaggiamenti e smartphone.
Il ministro degli Interni, il falco Suleyman Soylu, ha difeso la decisione citando il diritto alla privacy degli agenti e il loro diritto a lavorare senza essere disturbati o distratti. Diversa la posizione delle organizzazioni per i diritti umani e anche dei costituzionalisti che ritengono la decisione non solo contraria alla legge fondamentale dello Stato ma anche uno strumento di impunità a favore della polizia.
“Non ci sono basi legali per una simile circolare – ha commentato l’avvocato Gokhan Ahi ad Arab News – La costituzione garantisce il diritto alla privacy dei cittadini come individui, esclude le istituzioni pubbliche e i pubblici ufficiali. Questo divieto non ha basi legali perché gli atti delle forze di polizia contro i manifestanti non coinvolgono la loro privacy. Se così fosse, dovremmo togliere le telecamere di sorveglianza dalle stazioni di polizia”.
L’Associazione degli avvocati turchi ha già chiesto che la circolare sia ritirata e ha mosso una petizione al Consiglio di Stato. Reagiscono anche i lavoratori dei media, che hanno definito la circolare un modo per autorizzare di fatto violenze e censure. Ieri nella Giornata mondiale per la Libertà di Stampa, il sindacato turco dei giornalisti ha ricordato che solo nello scorso anno almeno sei reporter sono stati picchiati durante fermi di polizia e altri 44 aggrediti mentre svolgevano il loro lavoro in strada. 47 i giornalisti tuttora in prigione e altri 274 quelli imputati in 128 diversi processi.
Intervengono anche Human Rights Watch, che ha definito la circolare “oltraggiosa e completamente fuorilegge” e “un allargamento del potere delle forze di sicurezza”, e il principale partito di opposizione, i repubblicani del Chp, che temono “un aumento della brutalità della polizia”. Nena News