Il libro di Deniz Yucel, giornalista turco-tedesco, sulle manifestazioni di Gezi Park del 2013 è un viaggio nelle anime della Turchia che si sono incontrate a Istanbul. La postfazione di Murat Cinar racconta la speculazione economica e politica del governo Akp
di Chiara Cruciati
Roma, 9 aprile 2018, Nena News – I cannoni ad acqua, la ragazza con il vestito rosso, le ritirate dei manifestanti e le avanzate, le barricate. Cinque anni fa piazza Taksim è entrata nell’immaginario occidentale, dirompente, esplosiva come lo era già per il popolo turco, simbolo del Primo Maggio, alcova della sinistra e dei movimenti laici, come di quelli islamisti.
La sua atavica eterogeneità ha accompagnato le proteste popolari della primavera e dell’estate del 2013, tante anime diverse, infinite motivazioni, richieste, ragioni di mobilitazione. In “Ogni luogo è Taksim. Da Gezi Park al controgolpe di Erdogan” (Rosenberg&Sellier, 2018), Deniz Yucel le esplora una a una. Giornalista turco-tedesco, corrispondente di Die Welt, Yucel è stato arrestato dalle autorità turche nel febbraio 2017 con l’accusa di sostegno ad organizzazione terroristica e incitamento alla violenza. Mentre il libro arrivava in Italia, Yucel era dietro le sbarre: ne è uscito solo lo scorso febbraio, dopo un anno di isolamento.
L’opera di Yucel è un viaggio nelle viscere di Istanbul e della Turchia, nei quartieri e nelle vie e i vicoli, tra i capulcu, i “vandali” come li appella Erdogan. Dal Bosforo allo stadio del Besiktas, dal vicolo del cinema Yesilcam ai quartieri aleviti, il lettore può percorrere le vie della capitale culturale della Turchia, le sue strade e le sue identità, una ricchezza figlia di una storia millenaria, Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul.
Un mosaico di anime politiche, sociali ed economiche che con naturalezza si ritrovano a piazza Taksim: operai, ultrà, intellettuali, attivisti lgbti, studenti, aleviti, curdi, atei, islamisti, ognuno con il suo spicchio di marginalizzazione e di rivendicazione, ognuno capulcu. A Taksim portano colori, slogan, creatività, #Diren (combatti, l’hashtag più utilizzato), forme di lotta civile e culturale.
Gezi diventa il luogo simbolo della più vasta protesta al governo ormai decennale dell’Akp e del premier prima e presidente poi Erdogan, protesta al liberismo sfrenato, all’islamizzazione della società, alla tentacolare élite economica e politica che si auto-riproduce e si ingrossa sui grandi progetti infrastrutturali che nella postfazione Murat Cinar, giornalista turco, analizza con precisione, nel dettaglio, con preziose informazioni sulle scatole cinesi delle corporazioni interne alla galassia Akp (la postfazione è quasi un libro a sé, dentro il sistema politico turco e l’attuale sovrapposizione dei poteri, in particolare nel semi-annullamento di quello giudiziario).
Ma la piazza non è sola, nei mesi caldi di Taksim: tra le tende piantate nel parco, tra i dibattiti spontanei, i forum sorti come funghi e presto allargatisi a macchia d’olio al resto della Turchia, si muove la repressione durissima del governo, fatta di violenza fisica (8 morti, oltre 8mila feriti, quasi 5mila arrestati), minacce verbali e propaganda politica, il mix che in quei mesi si struttura per diventare macchina istituzionale dopo il tentato golpe del luglio 2016 con arresti di massa, licenziamenti ed epurazioni e la liberticida riforma costituzionale che ha dato ad Erdogan poteri quasi assoluti.
Ma tra i milioni di persone che si mobilitarono in quei mesi ci sono anche le contraddizioni tipiche di un movimento di massa tanto eterogeneo, sul piano confessionale, politico, di classe, etnico: Yucel riesce a ridare indietro la duplice natura di Taksim, da una parte la capacità di integrazione di settori sociali e politici tanto distanti e dall’altra le normali incomprensioni e le differenze nelle rivendicazioni che la mobilitazione non può sradicare.
Merito dell’autore è la ricchezza di voci raccolte: senza mai ergersi a giudice, ma mantenendosi osservatore esterno, Yucel fa raccontare Taksim ai suoi protagonisti. Gezi Park si dipana tra le numerosissime interviste che il giornalista ha raccolto per anni. Sullo sfondo, sta l’ampia narrazione fisica, geografica, palpabile della Turchia del secolo scorso e di oggi, tra marginalizzazione di Stato, gentrificazione etnica ed economica e reti clientelari. Nena News
Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati