Jet probabilmente russi hanno ucciso ieri almeno 40 persone nelle provincia islamista di Idlib, nel nord ovest del Paese. A sud, invece, a Sweida, 22 militari pro-Asad sono stati uccisi dai jihadisti dello “Stato Islamico”. Putin, intanto, dichiara che la Russia “resterà in Siria”, ma non per sempre
della redazione
Roma, 8 giugno 2018, Nena News – Ieri è stata l’ennesima giornata di sangue in Siria: raid pro-governativi e attacchi dei miliziani dello “Stato islamico” (Is) hanno ucciso decine di persone. A sostenerlo è l’Osservatorio siriano dei diritti umani, ong di stanza a Londra e vicino all’opposizione siriana.
Secondo l’ente britannico, jet da guerra probabilmente russi hanno colpito la zona residenziale di Zardana, nella provincia nord occidentale di Idlib. Il bilancio dei bombardamenti è (al momento) di 40 morti (tra cui 11 donne e 6 bambini) e più di 60 feriti. Un bilancio parziale perché molti dei feriti sono in condizioni critiche. Mentre scriviamo i soccorritori sono ancora alla ricerca di sopravvissuti intrappolati sotto le macerie. Idlib è la provincia siriana controllata da vari gruppi islamisti (e jihadisti), interessata negli ultimi due anni da alcune intese stipulate dal governo di Damasco e i miliziani islamisti sconfitti dall’esercito siriano in altre aree del paese.
Secondo questi accordi, gli islamisti (per lo più jihadisti) hanno ottenuto da Asad la possibilità di raggiungere, insieme ai loro familiari, l’area di Idlib in cambio però della loro resa. Zardana non fa eccezione: qui a dominare sono i ribelli islamisti (tutt’altro che “moderati” come li descrive spesso la stampa internazionale) e vi è una piccola presenza dei qaedisti di Hayat Tahrir al-Sham.
Gli attacchi dell’Is contro i soldati pro-Asad, invece, hanno avuto luogo nella provincia meridionale di Sweida e avrebbero causato la morte di 22 militari (secondo l’Osservatorio, tra questi ci sarebbero anche 9 iraniani e un imprecisato numero di combattenti sciiti). Lo “Stato Islamico” – che ora controlla non più del 3% della Siria, per lo più l’area vicina al confine con l’Iraq – ha intensificato recentemente i suoi attacchi contro i governativi. Un dato lo dimostra chiaramente: dallo scorso 22 maggio sono stati uccisi 184 combattenti pro-Asad nel Paese. A inizio settimana, i miliziani dell’Is avevano compiuto una mattanza di soldati siriani a Deir Ezzor (45 le vittime). Almeno 92, invece, sono i jihadisti uccisi nello stesso periodo.
Dal punto di vista politico, intanto, ieri è tornato a parlare di Siria Vladimir Putin. Durante un suo discorso televisivo, il presidente russo ha detto che Mosca “resterà lì finché le conviene e non completerà le sue responsabilità internazionali”. Tuttavia, ha poi precisato, “non stiamo costruendo lì istallazioni a lungo termine. Se è necessario, possiamo ritirare i nostri uomini abbastanza velocemente senza subire perdite materiali”. Per Putin la guerra in Siria è “una esperienza unica perché l’uso delle nostre forze armate sul campo di battaglia è innanzitutto uno strumento unico per migliorare le nostre forze armate. Nessuna esercitazione militare potrebbe essere paragonata all’uso della forza in situazioni di combattimento”. “Vi ricordo – ha poi concluso – che migliaia di miliziani hanno lasciato la Russia e i paesi dell’Asia centrale e si sono riuniti sul territorio siriano. Era meglio affrontarli lì, liquidarli lì che permettere loro di ritornare qui con le armi nelle mani”. Nena News