Le forze democratiche siriane, sostenute dagli Usa, hanno ieri lanciato un’offensiva per riprendere il controllo della cittadina di Hajin. L’Onu, intanto, lancia l’allarme per l’incombente operazione militare di Damasco nel nord ovest: “Potremmo essere di fronte alla più grande catastrofe umanitaria del 21esimo secolo”
della redazione
Roma, 11 settembre 2018, Nena News – Le forze democratiche siriane (Fds) hanno ieri lanciato una offensiva per riconquistare la cittadina di Hajin, nella provincia di Deir Ezzor (est della Siria) ancora sotto il controllo dei jihadisti dello Stato Islamico (Is). Secondo quanto dichiarato da un comandante delle Fds, l’avanzata dei combattenti a maggioranza curda ha provocato l’uccisione di 15 combattenti (17 secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani). “Le nostre forze hanno iniziato oggi ad attaccare l’ultimo bastione di Daesh [altro acronimo per Is, ndr] ad Hajin grazie all’intenso sostegno aereo [statunitense] e dell’artiglieria” ha detto l’ufficiale. “Gli scontri saranno duri – ha poi aggiunto – perché Daesh ha rinforzato le sue posizioni. Ma ne prenderemo il controllo”.
Ieri il portavoce della coalizione internazionale anti-Is, Sean Ryan, ha riferito alla stampa che i miliziani islamici controllano ancora 1.000 chilometri quadrati nella Valle dell’Eufrate. “I combattimenti saranno qui difficili”, ha affermato Ryan, soprattutto a causa delle mine piazzate dall’Is che “rallenteranno i combattimenti più del previsto”. Il portavoce americano ha anche chiarito che le truppe della coalizione non prenderanno parte in nessuna delle “grandi avanzate via terra” delle Sdf.
L’avanzata anti-Is nell’est del Paese giunge nei giorni in cui l’attenzione dei principali attori regionali e internazionali è però rivolta alla provincia di Idlib, bubbone jihadista dominato da al-Qa’eda situato nel nord ovest della Siria. A tuonare ieri contro i bombardamenti del governo siriano e dei suoi alleati russi – ripresi la scorsa settimana dopo settimane di silenzio –, è stato il presidente turco Erdogan in un articolo pubblicato sul quotidiano statunitense Wall Street Journal.
Erdogan, che non è riuscito ad ottenere da Russia e Iran il cessate il fuoco sperato nell’area durante il recente vertice trilaterale di Teheran, ha esortato la comunità internazionale ad agire perché “le conseguenze di una mancata azione saranno immense”. Secondo il leader turco, infatti, “l’offensiva del regime [siriano] creerà grave rischi umanitari e di sicurezza per la Turchia, per il resto d’Europa e non solo”.
A rendere teso il clima in questi ultimi giorni sono state le dichiarazioni rilasciate da diversi funzionari americani secondo cui il governo siriano si starebbe preparando ad attaccare Idlib con arme chimiche. Una possibilità che, ha spiegato ieri il consigliere alla sicurezza nazionale degli Usa, porterà Washington, Parigi e Londra a colpire Damasco “in un modo molto più forte” rispetto a quanto accaduto nel passato. Per Erdogan, invece, il problema non è solo rappresentato dalle armi chimiche: “E’ fondamentale che gli Usa rigettino questa arbitraria gerarchia della morte. Le armi convenzionali sono responsabili di molte più morti”. Preoccupato per le conseguenze umanitarie che l’ormai incombente offensiva su Idlib avrà sulla popolazione dell’area (dove abitano circa 3 milioni di persone) è l’ufficio Onu per il Coordinamento degli Affari umanitari (Ocha). Ieri il suo capo, Mark Lowcock, ha detto che la ripresa dei bombardamenti di Damasco nell’area ha già provocato la fuga di 30.000 persone e potrebbe portare in futuro 800.000 a lasciare le loro abitazioni, causando così la “più grande catastrofe umanitaria del 21esimo secolo”. “Ci prepariamo alla possibilità che i civili si muovano in grandi numeri in più direzioni” ha aggiunto Lowcock. Nena News