In un rapporto pubblicato oggi, l’ong inglese denuncia i crimini compiuti da cinque formazioni anti-Asad nella provincia di Idlib e Aleppo. Tra di loro, vi sono anche organizzazioni finanziate e armate dall’Occidente e dai Paesi del Golfo. “Abusi e violazioni – si legge nel report – simili a quelle compiute dal governo siriano”
della redazione
Roma, 5 luglio 2016, Nena News – Alcuni gruppi di ribelli siriani sono responsabili di violenze e violazioni dei diritti umani simili a quelle compiute dal governo del presidente siriano Bashar al-Asad. La denuncia arriva da un nuovo rapporto di Amnesty International (AI) pubblicato oggi. Nel suo studio – che si basa su 70 interviste fatte ai civili che vivono e lavorano nella provincia settentrionale di Idlib e in alcune zone di Aleppo controllate dall’opposizione – AI documenta un uso “agghiacciante” della tortura, dei rapimenti e delle uccisioni sommarie da parte dei ribelli.
Le violenze e le violazioni dei diritti umani, scrive Amnesty, sono state compiute dal 2012 al 2016 da cinque gruppi armati (i salafiti degli Ahrar ash-Sham, Nureddin Zinki, il Fronte del Levante, la Divisione 16 e i qa’edisti di an-Nusra). Alcuni di questi, sottolinea l’organizzazione, sono formazioni sostenute dagli Usa, dalle potenze europee e dai Paesi del Golfo che operano nel nord della Siria. Secondo il lessico utilizzato a Bruxelles e a Washington, sono in pratica alcune delle forze “moderate” su cui bisogna investire per un futuro migliore per la Siria.
Il rapporto documenta il rapimento di almeno 24 persone: attivisti, membri di minoranze etniche religiose, così come di tre bambini, due dei quali risultano ancora dispersi. Nel suo studio, inoltre, Amnesty denuncia le uccisioni sommarie (a volte anche in pubblico) di combattenti pro-Asad (“un crimine di guerra”, sottolinea l’organizzazione inglese) e le minacce e violenze subite da alcuni attivisti per aver osato criticare il potere delle formazioni ribelle. Alcuni di loro hanno raccontato alla ong di essere stati sospesi per ore per i polsi, o di essere stati messi all’interno di un pneumatico con le mani legate dietro la schiena e poi di essere ripetutamente colpiti. Metodi di tortura che, sottolinea Amnesty, non sono diversi da quelli usati da Damasco. Queste formazioni armate avrebbero arrestato e detenuto anche avvocati, giornalisti e minori perché accusati di aver commesso atti giudicati “immorali”.
Duro è Philip Luther, direttore del programma del Medio Oriente della ong inglese: “alcuni civili nelle aree controllate dai gruppi armati di opposizione avevano visto all’inizio con favore la presenza [dei ribelli] rispetto alla gestione brutale del governo siriano. Tuttavia, le loro speranze sono svanite a poco a poco che queste formazioni hanno preso la legge nelle loro mani e hanno commesso gravi violenze”. “Molti civili – aggiunge Luther – vivono costantemente nella paura di essere rapiti se criticano la condotta dei gruppi al potere o non riescono a rispettare le dure leggi che hanno imposto [nelle aree da loro controllate]”. “Ad Aleppo e Idlib – conclude - i gruppi armati hanno mano libera per commettere impunemente crimini di guerra e altre violazioni della legge umanitaria”.
Amnesty invita pertanto la comunità internazionale a “fare pressioni sui gruppi armati per porre fine a tali abusi e a rispettare le leggi di guerra”. Le potenze regionali – conclude lo studio di AI – devono fermare i rifornimenti di armi o altre forme di sostegno a qualunque fazione che compie questi atti che sono contrari al diritto internazionale.
In Iraq, intanto, il ministro di giustizia iracheno ha fatto sapere ieri in serata che “cinque terroristi” sono stati giustiziati a Baghdad. Un atto barbaro che sa tanto di contentino per placare la rabbia di centinaia di migliaia di iracheni stanchi di essere massacrati dall’autoproclamato “Stato Islamico” e dell’inefficienza dell’esecutivo al-Abadi nel proteggerli. Nena News