A sostenerlo è il capo della Commissione Affari Esteri russo, Alexei Pushkov. L’opposizione siriana accusa Mosca di aver ucciso civili e colpito aeree dove non vi è lo Stato Islamico. Il Cremlino nega e parla di “guerra informatica”
della redazione
Roma, 2 ottobre 2015, Nena News – Continuano i raid russi in territorio siriano. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, Ong di stanza a Londra e vicina all’opposizione al regime di Damasco, gli attacchi aerei russi avrebbero colpito Qaryatain, una cittadina nella zona centrale della Siria catturata dallo Stato islamico (Is) lo scorso agosto. Il ministero della Difesa russo ha fatto sapere che nelle ultime 24 ore sono stati compiuti 18 raid in Siria.
“Tutti gli obiettivi colpiti appartenevano all’Is” sostiene il Cremlino sebbene alcuni ufficiali russi abbiano ammesso che ad essere stati presi di mira sono stati anche altri gruppi di opposizione al regime di Bashar al-Asad. Da tre giorni i cacci di Mosca bombardano la parte centrale e nord occidentale del Paese agendo di comune accordo con gli uomini del presidente siriano che, dopo oltre 4 anni di guerra, appare militarmente debole e in ritirata in parti sempre maggiori della Siria. Nel corso dei bombardamenti di ieri russi è stata distrutta una postazione jihadista vicino a Daret Azzeh (nella regione di Aleppo) ed è stato colpito un campo a Maaret al-Numan nella provincia di Idlib.
“I raid russi potrebbero durate 3 o 4 mesi” ha detto oggi il capo della commissione degli Affari esteri russo, Alexei Pushkov, intervistato dalla radio francese Europe 1. L’entrata in guerra di Mosca a fianco di al-Asad ha mandato su tutte le furie i ribelli siriani e diverse cancellerie occidentali perché, sostengono, l’intenzione russa non è solo quella di colpire gli uomini dell’autoproclamatosi califfo al-Baghdadi, ma di assestare un colpo alle opposizione “moderate” e ai ribelli addestrati dagli Usa. “Quattro civili, tra cui un bambino e una donna, sono stati uccisi nei raid condotti dall’aviazione russa” rivela sul suo sito l’Osservatorio siriano che stima a 29 il numero delle persone uccise da Mosca da quanto ha iniziato a colpire la Siria. L’opposizione siriana moderata sostenuta dagli occidentali, Turchia e dai paesi “moderati” arabi, invece, accusa i russi di aver ucciso 36 civili (tra cui cinque bambini) nella provincia centrale di Homs nel corso dei bombardamenti di mercoledì. Le aree colpite – denuncia l’opposizione “moderata” tramite il capo della Coalizione nazionale siriana Khaled Khojia – sarebbero state prive di combattenti qa’edisti e dello Stato islamico. “L’occupazione russa incontrerà un movimento di liberazione da parte del popolo siriano. Abbiamo il diritto di farlo” ha affermato Khoja aggiungendo che l’Esercito libero siriano è pronto a confrontarsi con l’occupazione russa.
Una dichiarazione quanto mai presuntuosa dato che ormai, sul campo, la Coalizione siriana non conta più nulla né politicamente, né militarmente nonostante il sostegno occidentale e dei regimi “moderati” arabi del Golfo. Il Cremlino respinge le accuse e sostiene che le vittime dei suoi raid erano tutti jihadisti. Sulla questione è intervenuto anche il presidente russo Putin che ha parlato di “guerra informatica”. Non ha tutti i torti Putin a definire il conflitto in corso come tale: in Siria vi è un durissimo scontro per procura tra le principali potenze regionali e mondiali. In questo contesto la prima vittima è proprio la verità. Il nodo principale dell’aspro contrasto tra i due assi che si contendono le spoglie siriane è rappresentato dalla questione se deve o meno restare al-Asad al potere in Siria e, se sì, fino a quando.
Gli Usa e i suoi alleati ritengono che il vero obiettivo dell’intervento militare russo sia mantenere al potere al-Asad e che quindi il combattere il “terrorismo” dello Stato islamico, sventolato ai quattro venti dai russi, è solo una mera scusa per salvare l’alleato moribondo. Da parte loro i russi non negano il sostegno per al-Asad (non lo si scopre da oggi del resto), ma affermano di essere seriamente impegnati a sconfiggere lo Stato islamico perché “una sua vittoria in Iraq e Siria rappresenterebbe un pericolo mondiale” (non bisogna dimenticare che si ritiene che circa 2.000 uomini di al-Baghdadi provengano dalla Cecenia).
Se i miliziani del califfo sono stati colpiti dalle bombe russe (dato che appare innegabile) si può anche sottolineare, però, come Mosca abbia attaccato anche altri gruppi di opposizione al governo di Damasco. Tra questi il temibile Jaysh al-Fatah che include i qa’edisti del Fronte an-Nusra e forze più moderate a cui l’Occidente strizza l’occhio. Una forza non meno pericolosa e brutale dell’Is che ha legami più o meno intensi con al-Qa’eda, organizzazione che fino a qualche anno fa incuteva timore soltanto nel nominarla, ma che ora pare quasi essere sdoganata in Occidente.
Alle accuse mosse contro il suo Paese, il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha risposto ieri con toni ironici: “se sembra come un terrorista, cammina come un terroriste, agisce come un terrorista, combatte come un terrorista, è un terrorista, vero?”. “Questa è la stessa posizione che hanno gli americani – ha aggiunto il ministro – i rappresentanti della coalizione internazionale hanno sempre detto che i loro obiettivi [da colpire] sono l’Is, an-Nusra e altri gruppi terroristici. E questa è anche la nostra posizione”. Lavrov ha poi spiegato che, per il momento, i russi non hanno alcuna intenzione di bombardare anche in Iraq. “Non siamo stati invitati a farlo, non c’è stato chiesto e siamo un popolo educato, come sapete. Non veniamo se non invitati” ha dichiarato Lavrov durante una conferenza stampa alle Nazioni Unite. Del resto l’imperialismo – occidentale o russo che sia – in terra araba è pur sempre “civilizzato”. Nena News