Saied: a luglio referendum costituzionale, a dicembre le elezioni tunisine.Torture e abusi sessuali, prigioniera politica curda suicida in una cella turca. Ancora proteste nelle piazze sudanesi contro il governo militare e l’accordo con Hamdok
della redazione
Roma, 14 dicembre 2021, Nena News
Saied: a luglio referendum costituzionale, a dicembre le elezioni tunisine
L’annuncio è stato dato ieri dal presidente tunisino Kais Saied, autore lo scorso luglio di un golpe istituzionale che gli ha permesso di assumere poteri quasi totali e annullare quelli di governo e parlamento: il prossimo 25 luglio la Tunisia andrà al referendum costituzionale, il 17 dicembre 2022 alle elezioni parlamentari.
Nel frattempo, ha aggiunto nel discorso televisivo, il parlamento resta sospeso. “Vogliamo correggere il percorso della rivoluzione e della storia”, ha detto Saied, impegnato a governare il paese a colpi di decreti nonostante le promesse di dialogo con le forze politiche e sociali tunisine. Una richiesta giunta a gran voce anche dalle piazze che, dopo un primo momento di spaesamento e in alcuni casi di sostegno al golpe del presidente, si sono andate riempiendo per chiedere il ritorno al sistema democratico.
Su questo fronte Saied ha promesso consultazioni pubbliche da tenersi all’inizio dell’anno, da gennaio a marzo, al fine di raccogliere suggerimenti su riforme costituzionali e non. A pensarci sarà un team di esperti incaricato di scrivere la nuova costituzione da portare poi a referendum in estate. Quella corrente era entrata in vigore nel 2014, stabilendo un sistema ibrido parlamentare-presidenziale. Di riforme strutturali, però, in campo economico e sociale non se ne erano viste e la Tunisia è rimasta intrappolata in una crisi economica grave, peggiorata dalla pandemia, e che ha spinto sempre più giovani tunisini a prendere la via del mare verso l’Europa.
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Torture e abusi sessuali, prigioniera politica curda suicida in una cella turca
Il 9 dicembre scorso Garibe Gezer, prigioniera politica curda in Turchia, è morta in detenzione. A denunciare l’accaduto è stata l’Assemblea delle donne dell’Hdp, il Partito democratico dei Popoli di cui era parte. “Le prigioni turche sono diventate centri di tortura e di maltrattamenti – scrive l’Assemblea – Queste pratiche disumane, specialmente quando applicate a prigionieri politici, colpiscono in profondità la coscienza umana”.
Gezer, secondo quanto riporta l’agenzia Bianet, si è tolta la vita a Kandira, prigione di massima sicurezza dove era stata trasferita a marzo dal carcere di Kayseri. Al suo arrivo era stata isolata per 22 giorni. Era stata picchiata più volte e in un’occasione spogliata e costretta a camminare tra guardie maschi. Era stata minacciata di violenza sessuale e in un caso stuprata, come da lei stessa denunciato in una lettera, dopo essere stata di nuovo costretta a denudarsi, tanto da arrivare a tentate il suicidio e a dare fuoco alla sua cella.
Posta venti volte in isolamento, le è stato infine vietato di ricevere lettere. Nonostante le denunce al procuratore, nessuno è intervenuto. L’Hdp ha portato il suo caso in parlamento lo scorso 22 ottobre, senza successo. Il corpo della donna è stato portato all’istituto forense di Kocaeli per l’autopsia, condotta senza la presenza dei suoi avvocati, a cui è stato vietato anche di entrate in prigione.
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Ancora proteste nelle piazze sudanesi contro il governo militare e l’accordo con Hamdok
Non cessano le proteste in Sudan contro il golpe militare dello scorso 25 ottobre che ha deposto il governo congiunto di civili e militari, estromettendo i primi e ponendo ai domiciliari il primo ministro Abdalla Hamdok, poi tornato al suo posto dopo un accordo con le forze armate.
Ieri migliaia di manifestanti si sono nuovamente ritrovati davanti al palazzo presidenziale di Khartoum, per protestare proprio contro l’accordo che ha visto coinvolto Hamdok. Altre migliaia di sudanesi sono scesi in piazza in altre città del paese. La polizia ha reagito sparando gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere le folle. “La polizia usa i gas contro manifestanti pacifici – ha detto all’agenzia turca Anadolu un manifestante – Questo dimostra che i militari e Hamdok non rispettano i diritti umani e la libertà di assemblea”.
Hamdok era stato liberato e rimesso al suo posto dallo stesso generale Abdel Fattah al-Burhan, responsabile del golpe e dell’attuale governo, a causa delle pressioni subite sia dalle piazze che dalla comunità internazionale. Al-Burhan aveva poi promesso di tenere nuove elezioni nel luglio 2023 e solo in quell’occasione di cedere il potere a un governo civile. Una mossa che non piace affatto a chi in questi anni ha occupato le città sudanesi e posto fine alla lunghissima dittatura di Omar al-Bashir e che ora si ritrova di nuovo con un governo militare.
Nelle proteste che ne sono seguite, sono stati uccisi almeno una 50ina di manifestanti, per lo più a Khartoum, centinaia i feriti, la maggior parte dei quali colpiti da proiettili veri. Nena News