Nel nuovo libro “Una guida per comprendere la storia contemporanea della Turchia”, il giornalista Murat Cinar ricostruisce il paese fino al referendum del 2010, Gezi Park e l’attuale potere indiscusso dell’Akp
di Francesco Pongiluppi
Roma, 5 agosto 2016, Nena News – Il referendum costituzionale indetto in Turchia il 12 settembre 2010 sulla modifica di importanti parti della costituzione – trattasi della Legge fondamentale del 1982, frutto della giunta militare allora al governo – è stato probabilmente lo strumento con cui Recep Tayyip Erdoğan ha potuto rafforzarsi all’interno del Paese ottenendo analogamente il plauso delle istituzioni europee.
Il pacchetto di modifiche, voluto dall’establishment politico del partito Akp, lo stesso che ruota attorno alla figura del suo draconiano leader – oggi presidente di una repubblica parlamentare ma de-facto presidenziale– fu accolto dal 58% degli aventi diritto e dall’unanime entusiasmo dei leader europei. L’esito del voto referendario, boicottato allora dagli ambienti progressisti del Paese e dai kurdi del BDP, ha consentito al partito Akp di plasmare il sistema turco secondo l’agenda politica del governo: dalla sfrenata ondata di privatizzazioni fino all’annichilimento degli organi garanti – uno tra tutti – il Consiglio di Stato.
Al referendum del 2010 è dedicato il primo capitolo del volume di Murat Çinar (Una guida per comprendere la storia contemporanea della Turchia, Edizioni Simple, Macerata, 2016, pp. 272, euro 14). L’autore, giornalista indipendente cresciuto a Istanbul ma da anni in Italia, attraverso una lucida e dettagliata analisi sul programma referendario, introduce il lettore alla scoperta della Turchia contemporanea, quella governata appunto dal “sistema” Akp.
Nonostante le vive congratulazioni dei leader europei sulla vittoria del Sì al referendum del 2010 – in primis quelle dell’allora premier Silvio Berlusconi, già testimone di nozze della figlia di Erdoğan – le pagine scritte da Murat mettono in luce tutta un’altra storia. Ovvero quella di un referendum che ha rafforzato il potere esecutivo e dove le ventilate riforme democratiche di Erdoğan hanno al contrario confermato le pesanti limitazioni alla libertà ereditate dalla giunta militare. È un interessante strumento d’informazione il libro di Murat. Attraverso un linguaggio onesto ci si avvicina a importanti fasi della storia politica della Repubblica di Turchia. Infatti, il volume è una raccolta di notizie, ricerche, interviste e commenti che come in un puzzle tracciano quarant’anni di censure, restrizioni alla libertà di stampa, assassini politici e corruzione.
Non si contano poi le pagine dedicate a chi, in nome della libertà, ha perso la vita in Turchia: dal giornalista Hrant Dink ucciso a Istanbul nel 2007 fino al recente assassinio di Tahir Elçi, il presidente dell’associazione degli avvocati di Diyarbakir. Ci sono poi le riflessioni sulle proteste di Gezi Park del 2013 in cui l’autore ripropone i suoi articoli e dove le emozioni e le speranze di allora si riassumono nel titolo di un suo pezzo che riporta uno slogan allora onnipresente in rete: “E’ morto un albero è sorta una nazione”. I temi citati sono solamente un’anticipazione a quello che Murat riporta in questa raccolta. Un libro dal taglio divulgativo che – considerata l’attualità – contribuisce a leggere la movimentata situazione politica del Paese attraverso una diversalente. Nena News