Sabato Beirut e altre città libanesi hanno celebrato il primo anniversario dall’inizio della mobilitazione popolare iniziata il 17 ottobre 2019. Le richieste sono le stesse, fine del sistema settario e rimozione della classe dirigente. Ma manca ancora un’agenda chiara e all’orizzonte di un paese devastato si profila il ritorno del simbolo della crisi, Saad Hariri

La marcia di sabato a Beirut, nel primo anniversario della protesta (Foto: Thomas van Linge/Twitter)
della redazione
Roma, 19 ottobre 2020, Nena News – Sabato sono scesi in piazza in tanti, migliaia di persone nonostante l’emergenza sanitaria, per celebrare il primo anniversario dall’inizio della mobilitazione popolare che ha investito l’intero Libano. Era il 17 ottobre 2019 quando una nuova tassa su Whatsapp, poi ritirata, faceva da scintilla per l’esplosione di una rabbia sopita contro la corruzione strutturale del paese, il sistema settario che ne gestisce il potere e una crisi economica figlia di scelte di riforma neoliberiste che hanno impoverito come non mai le classi medie e basse.
Sabato è stata di nuovo Beirut la piazza della protesta principale, mai terminata ma solo rallentata dall’arrivo del Covid-19 nel paese dei cedri. E di nuovo nel mirino è finita l’intera classe dirigente, impegnata da un anno a salvare se stessa con rimpasti di governo e nomine di nuovi primi ministri che non ha intaccato in alcun modo il sistema di potere basato sulle divisioni confessionali.
Attraversata la città a partire dall’epicentro della protesta, piazza dei Martiri, i manifestanti sono passati di fronte alla Banca centrale, per mesi tra i principali target della protesta e hanno poi raggiunto il porto, il luogo dell’esplosione che il 4 agosto scorso ha devastato la capitale uccidendo circa 200 persone, ferendone 6.500 e lasciando senza una casa decine di migliaia di famiglie, vittime in queste settimane di una gentrificazione silenziosa, con i più ricchi che già tentano di appropriarsi dei palazzi più antichi che i poveri non hanno mezzi per ristrutturare. Alle 18.07 un minuto di silenzio al porto e candele accese a ricordo delle vittime.
Nella notte la protesta si è trasformata in scontri con la polizia anti-sommossa che ha usato i gas lacrimogeni per disperdere la folla. Nelle stesse ore anche altre città libanesi, da Saida a Nabatieh, scendevano in piazza per celebrare un anno di thawra, rivoluzione. Un anno di mobilitazione che però al momento non si è mai convogliato verso la definizione di un’alternativa o di una leadership: se le richieste di base della piazza sono chiare, lo smantellamento dell’attuale classe dirigente, non è emersa dal movimento una road map dettagliata sul futuro immaginato, una delle “pecche” che i manifestanti si auto-attribuiscono.
Tra i primi a reagire è stato il presidente Aoun che in una nota ha ribadito l’intenzione “di lavorare insieme per realizzare le richieste di riforme”. Finora del tutto assenti. Soprattutto alla luce delle voci che si susseguono in questi giorni in vista delle consultazioni del 22 ottobre: il prossimo premier – dopo le dimissioni di Mustafa Adib, che ha lasciato meno di un mese fa dopo poche settimane di incarico – potrebbe essere ancora una volta Saad Hariri (costretto alle dimissioni proprio dalle proteste iniziate un anno fa), simbolo del neoliberismo e delle privatizzazioni che hanno sconvolto il paese e simbolo del legame a doppio filo con i paesi occidentali, a partire da Francia e Stati Uniti.
Da fare c’è moltissimo. Beirut fa ricostruita dopo l’esplosione come va ricostruita per intero l’economia del paese, mai così in crisi dai tempi della guerra civile del 1975-1990. Inflazione alle stelle, svalutazione della lira di oltre l’80%, disoccupazione rampante soprattutto tra le giovani generazioni e servizi sempre meno accessibili, anche e soprattutto a causa dell’ondata di privatizzazioni che ha caratterizzato il primo decennio del nuovo secolo. Oltre metà della popolazione vive in povertà e più volte in questi mesi le organizzazioni internazionali hanno avvertito del rischio di crisi alimentare per milioni di persone. Nena News