Il ministro ultranazionalista degli Esteri israeliano pubblica un controverso post su Facebook in cui chiede la pena capitale per i prigionieri politici palestinesi nelle carceri di Tel Aviv. Una trovata elettorale per il suo partito, Yisrael Beitenu, in calo nei sondaggi
della redazione
Roma, 20 febbraio 2015, Nena News – Introdurre un disegno di legge per giustiziare i prigionieri politici palestinesi in Israele. E’ l’ultima proposta-shock del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, che sulla sua pagina Facebook qualche giorno fa ha postato una foto in cui si vede un probabile detenuto palestinese con le mani alzate e colorate di rosso con il titolo: “Pena di morte per i terroristi”.
“La lotta contro il terrorismo – si legge nel commento – è la più grande sfida per il mondo del ventunesimo secolo. Questa è anche la grande sfida di Israele, ma c’è un grande divario tra ciò che Israele predica e ciò che viene fatto. La prima legge che Yisrael Beitenu proporrà – continua il post che, come riferisce il portale Electronic Intifada, appena pubblicato aveva già ricevuto più di 1.400 “mi piace” ed era stato condiviso 185 volte – è la pena di morte per i terroristi, perché altrimenti è come ordinare terrore e ancora terrore”.
Un “terrore” che presenta cifre da capogiro. Secondo i dati diffusi dall’organizzazione Addameer, che si occupa di monitorare i detenuti palestinesi in Israele, al primo dicembre c’erano circa 6.200 prigionieri nelle carceri di Tel Aviv. Tra questi, poi, ci sono le centinaia di palestinesi in detenzione amministrativa, praticata nei confronti dei sospetti che vengono incarcerati per un periodo “rinnovabile” di sei mesi senza aver subito un’accusa né un processo, ma semplicemente per “ragioni di sicurezza”: una pratica illegale secondo il diritto internazionale.
I detenuti palestinesi sono stati spesso usati come merce di scambio tra Israele e Hamas o l’Anp: si pensi al rilascio di 1.027 prigionieri in cambio della liberazione del soldato Gilad Shalit nel 2011 (dozzine dei quali sono stati ri-assrestati da Tel Aviv, secondo quanto denunciano le organizzazioni palestinesi, persino in mancanza di prove a loro carico, ndr). Oppure ai 104 detenuti che dovevano essere liberati in quattro tranches nel quadro del rinnovato negoziato sponsorizzato dagli Stati Uniti (ma Israele rifiutò di liberarne l’ultimo quarto, venendo meno agli accordi presi, perché l’Anp non voleva prolungare di un anno un negoziato nato già morto, ndr). Ma d’ora in poi, a detta di Lieberman, questo non dovrà più succedere.
“Rilasciare terroristi – continua il post – compresi quelli che hanno effettuato gli attacchi più terribili, come il linciaggio di Ramallah [l’uccisione di due soldati israeliani all’inizio della Seconda Intifada, ndr] è il peggior messaggio possibile che può essere convogliato nella guerra contro il terrorismo”. Perché, spiega, “devi avvertire il terrore che si sta cambiando direzione. Che non ci sono più offerte”.
Il titolare israeliano degli Esteri, a capo del partito ultranazionalista Yisrael Beitenu strenuo oppositore del ritiro da Gaza nel 2005, non ha poi mancato di menzionare la sua battaglia contro la Striscia che, stando a quanto postato su Facebook, deve entrare ora nella sua “fase finale”. “E ‘chiaro a tutti – scrive – che oggi il quarto impegno con Hamas è inevitabile, e che ciò che è importante è pianificare ora come evitare il quinto. Ogni operazione militare deve finire in modo decisivo; altrimenti erodiamo le nostre capacità e la nostra deterrenza. Il fatto che entriamo in un confronto militare con Hamas ogni anno – conclude Lieberman – rende impossibile per lo Stato di Israele fare piani a lungo termine, come dovrebbe uno stato normale, in politica e in economia”.
Proprio sull’ultima offensiva a Gaza si era consumata la rottura definitiva della coalizione Likud-Beitenu, con Lieberman che chiedeva a gran voce un’operazione su larga scala contro Hamas, accusata del rapimento dei coloni adolescenti israeliani in Cisgiordania già dai primissimi minuti nonostante nessun membro lo avesse rivendicato. Netanyahu, che inizialmente aveva autorizzato solo raid aerei, era troppo “debole” secondo il ministro degli Esteri. E così il premier aveva annunciato il divorzio da Yisrael Beitenu, convocando elezioni anticipate a cui si sarebbe presentato da solo.
A un mese dalle elezioni, è chiaro il tentativo di Lieberman di fare campagna elettorale sparando le sue cartucce migliori, soprattutto vista la sua caduta nei sondaggi: secondo le ultime proiezioni diffuse da Channel 2, infatti, Yisrael Beitenu potrebbe ottenere al massimo sette seggi alla Knesset, piazzandosi al quinto posto dopo Unione Sionista, Likud, Lista Araba, Yesh Atid, Casa Ebraica e a parimerito con il neonato partito Kulanu dell’ex Likud Moshe Kahlon. Nena News