Non è la prima volta che l’Egitto viene chiamato a rispondere alle accuse di commettere crimini contro i minori. L’ultimo rapporto presentato da Human Right Watch racconta storie di bambini torturati in detenzione
di Alessandra Mincone
Roma, 2 aprile 2020, Nena News – Questa è la storia dei bambini nelle prigioni egiziane, la storia di tortura descritta con ferocia nell’ultimo rapporto presentato a fine marzo dall’organizzazione Human Right Watch. Una storia ricostruita sui traumi di bambini e ragazzi, presi come campioni per ricomporre un quadro scioccante, che illustra la repressione dello stato militare dell’Egitto volta a disumanizzare le persone dall’età infantile, e architettata con il beneplacito silenzio dei tribunali internazionali da tutte le cariche che compongono le massime figure istituzionali del regime egiziano.
Karim Hamida Ali è il nome di una giovane ragazza, perseguitata ed arrestata in età adolescenziale, incolpata di aver partecipato ad una protesta anti-governativa che terminò con il danneggiamento della facciata di un albergo. Il suo arresto è stato svelato alla famiglia solo dopo un mese di reclusione, quando la ragazza decise di confessare il presunto crimine, dopo le torture e gli abusi degli ufficiali dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale. Nell’aprile del 2019 le autorità giudiziarie hanno disposto la pena di morte per la piccola donna, poi annullata nell’ottobre dello stesso anno con la dichiarazione del giudice di non aver capito che si trattasse dell’arresto di una minorenne. Sulla base della sua confessione, Karim è stata comunque condannata a scontare dieci anni di prigione.
Questo è il primo caso che viene redatto da HRW, la prima testimonianza che viola la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, la quale cita che “gli Stati membri vigilano affinché né la pena capitale né l’imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio devono essere decretati per reati commessi da persone di età inferiore a diciotto anni”.
Secondo all’appello è Abdullah Boumadian, dodicenne detenuto in segreto di Stato per ben sei mesi e costretto all’isolamento per 100 giorni. Il bambino è stato sottoposto più volte alle scariche di elettroshock. Il motivo ufficiale del suo arresto era dato dall’entrata del fratello maggiore in un gruppo affiliato allo Stato islamico. Anche in questo caso, se non bastasse una legge morale, la CRC recita: “nessun fanciullo sia privato di libertà in maniera illegale o arbitraria. L’arresto, la detenzione o l’imprigionamento di un fanciullo devono essere effettuati in conformità con la legge, costituire un provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata più breve possibile”. Eppure emerge dal rapporto che su 20 bambini ascoltati ce ne sia stato uno costretto alla sparizione forzata dalle forze di sicurezza per un anno intero.
Non è la prima volta che l’Egitto viene chiamato a rispondere alle accuse di commettere gravi crimini contro l’umanità per la detenzione dei minori. Sebbene si affermi sulla carta che “nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”, dalle dichiarazioni fornite dai bambini ascoltati da HRW si fa riferimento a torture in detenzione preventiva, minacce verbali durante gli interrogatori, percosse, scariche con pistole stordenti alla nuca e ai genitali, metodi di contenzione, turni del sonno da sei ore nelle celle più sovraffollate, digiuni e abusi sessuali. Molti di loro sono stati umiliati, alcuni sono stati costretti ad aprire la bocca per farvi sputare il personale carcerario, ad altri sono stati negati gli indumenti in inverno e costretti a dormire nudi nei corridoi delle prigioni, oppure a “stare in piedi con le unghie affilate poste sotto i talloni per ore, per aver parlato con un detenuto nella stessa cella”.
“È impossibile immaginare una violazione più grave dei diritti dei minori rispetto a quelli documentati nel rapporto di HRW”, sono state le parole di un docente dell’Università di Notthingham per i diritti umani. Secondo la CRC tutti i bambini condannati per reati possono essere trattenuti dalle autorità con il “diritto ad avere rapidamente accesso ad un’assistenza giuridica o ad ogni altra assistenza adeguata, nonché il diritto di contestare la legalità della loro privazione di libertà dinanzi un Tribunale o altra autorità competente”; ma nessuno dei minori processati ha mai avuto la possibilità di costruire una difesa o spesso di incontrare il proprio avvocato.
Cinque bambini inseriti nel rapporto sono stati persino processati davanti a un tribunale militare su questioni di sicurezza nazionale per presunti attacchi sovversivi. Il caso più emblematico è stato rappresentato dalla sentenza per un processo di massa di oltre cento imputati per presunte rivolte, terminato con la condanna all’ergastolo di un bambino di tre anni.
Per quanto riguarda la legge egiziana sull’infanzia, essa proibisce la detenzione di minori di 15 anni, garantisce il diritto allo studio per tutti i minori prigionieri e inoltre vieta la detenzione di bambini con adulti. Un ragazzo di 17 anni, che nel rapporto ha denunciato il sovraffollamento dei reparti e l’impossibilità di studiare, intraprese uno sciopero della fame rendendosi alla prima visita con sua madre “irriconoscibile”. Appare miseramente riduttivo quantificare quanto spazio ci sia tra il nero su bianco e la realtà dei fatti. L’Egitto è uno Stato che infrange tutte le leggi sull’infanzia di carattere nazionale e internazionale; sebbene per il diritto internazionale la sparizione forzata sia ritenuta un crimine perseguibile con la reclusione, mai nessun funzionario o agente è stato al centro di un processo.
Quest’anno, a completare l’intenzione di massacro sociale del governo di al-Sisi c’è anche l’epidemia da Covid-19: perché anche se la maggior parte dei dissidenti intrappolati nelle prigioni egiziane è composta ormai da manifestanti pacifici, difensori dei diritti umani, critici, scrittori e giornalisti, il presidente Abdel Fattah al-Sisi non sembra avere alcuna comprensione e al 10 marzo aveva già disposto ulteriori restrizioni come la sospensione alle visite dei familiari, che fornivano ai detenuti i prodotti igienici, dalla carta al sapone allo spazzolino da denti; nella prigione del Cairo, pare che i parenti dei detenuti abbiano denunciato a HRW il taglio netto di acqua e corrente da un giorno all’altro.
Le condizioni ad oggi non possono che peggiorare, considerando che alle barbarie delle carceri egiziane, già da prima dell’esplosione della pandemia, andava sommata la negazione di ogni forma di servizio sanitario anche minimo, incuranza che ha prodotto numerosi morti per diabete, malattie cardiache e influenzali.
A metà marzo, le Nazioni Unite e la società civile hanno lanciato numerosi appelli a mezzo stampa, per convincere l’Egitto a liberare tutti i suoi prigionieri politici, a causa della fatiscenza igienica e del sovraffollamento che rischierebbe di far espandere un contagio a dismisura: ma un presidente che non ha cura dei bambini e delle future generazioni del suo paese, avrà mai la sensibilità per ridare libertà e il diritto all’esistenza come precauzione al contagio del coronavirus? Nena News