Da mesi i sauditi vieterebbero al presidente riconosciuto internazionalmente (nonché suo alleato) di ritornare ad Aden. Il motivo ufficiale è “il rischio per la sua incolumità”. Quello più verosimile sono i rapporti tesi tra lui e gli Emirati Arabi, protagonisti nel sud del Paese e indispensabili per i Saud in chiave anti-Iran
della redazione
Roma, 7 novembre 2017, Nena News – L’Arabia Saudita starebbe impedendo da mesi al presidente yemenita in esilio a Riyadh Abd Rabbu Mansour Hadi, ai suoi figli e ad alcuni esponenti del mondo militare di ritornare in Yemen a causa dei suoi rapporti tesi con gli Emirati Arabi Uniti (Eau). È quanto hanno dichiarato alcuni ufficiali yemeniti all’Associated Press (Ap).
L’impossibilità di ritornare ad Aden – se confermata – sarebbe l’ennesima dimostrazione dello scarso potere e influenza che Hadi ha persino nel sud del Paese, formalmente sotto il suo controllo. Secondo quanto ha riferito all’Ap un comandante che ha preferito restare anonimo, da quando Hadi ha lasciato lo Yemen lo scorso febbraio ha più volte chiesto al re Salman di ritornare ad Aden. Ma i suoi tentativi si sono dimostrati vani.
Emblematico quanto accaduto lo scorso agosto quando al presidente fu di fatto impedito di volare dall’aeroporto di Riyadh. Le autorità locali, racconta l’ufficiale, avrebbero anche sequestrato i passaporti di alcuni funzionari a lui vicini (non quello suo però) restituendoli solo in un secondo momento. Tuttavia, ancora oggi sarebbero impossibilitati a partire.
“I sauditi hanno disposto per lui e i suoi figli una sorte di arresti domiciliari – ha aggiunto il comandante – quando Hadi chiede di partire, gli rispondono che non è sicuro per lui ritornare perché lì c’è chi vuole ucciderlo e che i sauditi temono per la sua vita”. Insomma, ufficialmente sarebbero le “preoccupazioni” di re Salman a impedire il suo ritorno in quella parte di patria da lui controllata. Una storia che se non avvenisse nell’Arabia Saudita dei Salman (padre, ma soprattutto figlio) meriterebbe di diritto un capitolo in una versione aggiornata del Libro Cuore.
La realtà è però molto diversa. Negli ultimi mesi Hadi è arrivato ai ferri corti con l’Eau, tra i protagonisti della coalizione anti-houthi a guida saudita. Il motivo: la grossa influenza che Abu Dhabi ha nel sud del Paese e la sua vicinanza con le forze separatiste meridionali. Una posizione inaccettabile per Hadi che coltiva ancora il desiderio di poter riunire il paese sotto il suo governo. Una pia illusione: nonostante due anni e mezzo di guerra (voluta fortemente dai sauditi) che hanno provocato oltre 10.000 morti, i ribelli sciiti houthi continuano ad amministrare ampie fette di territorio nel nord (capitale Sana’a inclusa) laddove il governo internazionalmente riconosciuto controlla con difficoltà la parte centro-meridionale e orientale del Paese. Con difficoltà perché alcune aree sfuggono ormai al suo controllo sia per la presenza delle forze separatiste che per quelle jihadiste (al-Qaeda più che lo “Stato islamico”).
A peggiorare il quadro per Hadi c’è poi sempre di più la presenza ingombrante dell’Eau negli affari interni yemeniti. Gli Emirati hanno infatti addestrato, finanziato e armato gruppi che ormai rispondono solo ai loro comandi arrivando a gestire direttamente o indirettamente anche diverse prigioni (secondo l’Ap sono 18 le carceri segrete dove la tortura sembra essere prassi quotidiana). Nei fatti hanno creato un sistema di sicurezza alternativo e parallelo a quello di Hadi l’esiliato.
Il governo di Aden è visto di cattivo occhio dagli Emirati perché corrotto e alleato con il partito Islah, il braccio yemenita dei Fratelli Musulmani (organizzazione terroristica per gli emiratini e i sauditi). L’aperto dissidio tra Hadi e Abu Dhabi, secondo la versione fornita dall’ufficiale, è apparso evidente cinque giorni fa quando il presidente ha convocato un incontro per discutere un rimpasto di governo che prevedeva l’esclusione degli elementi più vicini all’Eau.
Il vertice non avrebbe però prodotto alcun risultato concreto molto probabilmente perché Hadi non vuole sfidare apertamente i suoi alleati sauditi, in prima fila nella battaglia contro gli houthi filo-iraniani. Il presidente senza autorità sa perfettamente che Riyadh, in questa fase storica, non si schiererà mai contro gli emiratini troppo indispensabili sia nella guerra nel “cortile di casa” yemenita (l’Eau, insieme a re Salman, è il Paese della coalizione sunnita che più sta investendo risorse ed energie in Yemen), che nella resa di conti con il Qatar per il dominio regionale. Senza dimenticare che a fare da collante tra sauditi ed emiratini è l’accesa ostilità verso la Repubblica islamica iraniana.
A tal proposito, la rappresaglia decisa da Riyadh in seguito al lancio sabato del missile balistico degli houthi (“un atto di guerra” per la monarchia wahhabita) ha prodotto subito i primi risultati. La coalizione a guida saudita ha intensificato l’embargo via terra, aria e mare in Yemen restringendo l’arrivo di materiale umanitario e di beni di prima necessità in un Paese già devastato da oltre due anni di guerra.
Secondo alcuni abitanti di Sana’a diversi distributori di benzina sono stati chiusi. I prezzi del carburante sono schizzati in alto nella capitale dove si segnalano diverse persone in fila per fare scorta di benzina. Si teme che l’embargo possa durare a lungo. Nena News