Il 15 dicembre ripartono i colloqui di pace a Ginevra, ma la strada è lunga e in salita. Intanto, le operazioni belliche hanno ridotto la popolazione allo stremo e le ong chiedono all’Occidente di fermare la vendita di armi a Riyadh
della redazione
Roma, 11 dicembre 2015, Nena News – Quando mancano pochi giorni alla ripresa dei difficili colloqui di pace per lo Yemen in Svizzera, la coalizione anti-Houthi guidata dall’Arabia Saudita è tornata nel mirino delle organizzazioni internazionali.
Amnesty International l’ha accusata di avere bombardato alcune scuole del Paese, impedendo così a migliaia di studenti di frequentare le lezioni. Una delle tante crisi provocate dalla campagna militare aerea e terrestre iniziata a marzo per respingere l’avanzata dei ribelli sciiti Houthi. Le operazioni belliche hanno ridotto la popolazione allo stremo, impedendo anche l’accesso agli aiuti umanitari in un Paese considerato il più povero del Medio Oriente e adesso devastato e distrutto dalla guerra civile in cui sono morte oltre 5.700 persone, la metà civili.
Una violazione del diritto internazionale che si aggiunge alle altre di cui è accusata la coalizione (ma anche le altre forze in campo) che da marzo bombarda lo Yemen, con il sostegno delle potenze occidentali, prodighe nel vendere armi a Riyadh e ai suoi alleati. Amnesty è tornata a chiedere a tutti gli Stati che riforniscono i Paesi della coalizione di sospendere la vendita di armi, poiché sono impiegate contro la popolazione civile. Ma il business non si ferma e a novembre gli Stati Uniti hanno approvato un pacchetto di 1.29 miliardi di dollari in rifornimenti all’aviazione saudita.
L’Arabia Saudita respinge le accuse di violazione delle leggi internazionali, ma la Ong ha documentato cinque bombardamenti sulle scuole tra agosto e ottobre, in cui hanno perso la vita cinque persone e 14 sono state ferite, tra cui quattro minorenni. “In alcuni casi”, ha spiegato Amnesty, “gli edifici scolastici sono stati colpiti più di una volta”. Non è stato un errore, dunque. Come si sospetta non lo sia stato il raid sull’ospedale di Medici senza Frontiere di qualche settimana fa.
La crisi yemenita rischia si diventare un pantano. E una catastrofe umanitaria. Nonostante un’inziale successo, con la cacciata degli Houthi dalla capitale del Sud, Aden, le forze della coalizione stentano a prendere il controllo del Paese, dove invece guadagnano terreno Al Qaeda, in primis, e pure i gruppi legati all’Isis che pochi giorni fa hanno ucciso con un’autobomba il governatore di Aden. Al nord ci sono gli Houthi, legati all’Iran, che hanno alzato il tiro e sconfinano in Arabia Saudita per colpire il nemico in casa. Un duro colpo al re Salman, sceso in battaglia al fianco del presidente yemenita Hadi per tutelare la sua zona di influenza dalle mire di Teheran. Un confronto a distanza tra le due potenze regionali di cui fa le spese la popolazione civile.
L’obiettivo dell’incontro del 15 dicembre è anche una tregua umanitaria di sette giorni che darebbe sollievo alla popolazione. L’ultima volta, a luglio, il dialogo si è chiuso prima ancora che le parti in guerra si sedessero al tavolo. Questa volta si spera che lo spiraglio resti aperto e che la tregua umanitaria resti in vigore anche oltre i sette giorni concordati. Nena News