La nostra rubrica settimanale sull’Africa oggi punta l’attenzione su un altro doloroso e controverso capitolo del genocidio in Rwanda e vi porta anche in Etiopia e Costa D’Avorio
di Federica Iezzi
Rwanda
Paul Rusesabagina è stato arrestato con l’accusa di terrorismo.
Rusesabagina, un hutu sposato con una donna tutsi, mediante la sua influenza come manager dell’Hôtel des Mille Collines, a Kigali ha consentito a più di 1.200 tutsi e hutu moderati di rifugiarsi nelle stanze dell’hotel, durante i giorni del genocidio del 1994.
Il Rwanda Investigation Bureau (RIB) ha dichiarato che il 66enne critico oppositore dell’attuale governo, guidato da Paul Kagame, è stato arrestato all’estero in un luogo anonimo su un mandato internazionale e trasferito nel Paese africano per affrontare le accuse di reati gravi tra cui terrorismo, incendio doloso, rapimento e omicidio.
Rusesabagina è sospettato di essere fondatore, leader, sponsor e membro di gruppi terroristici violenti, armati ed estremisti tra cui il Rwanda Movement for Democratic Change (MRCD) che opera in vari luoghi della regione e all’estero.
Rusesabagina in Rwanda rimane una figura estremamente controversa, dove il suo status è stato contestato da una serie di attori, secondo il docente Nicola Palmer al King’s College di Londra.
Rusesabagina ha fortemente negato le accuse del governo di sostenere finanziariamente i ribelli rwandesi e ha affermato di essere stato vittima di una campagna diffamatoria.
Etiopia
Il Tigray di Wondimu Asamnew, veterano diplomatico etiope, che un tempo dominava la politica nel Paese, oggi appare sempre più in contrapposizione con il governo del primo ministro e Nobel per la pace Abiy Ahmed.
In settimana in Tigray si sono tenute le elezioni per il parlamento regionale da 190 seggi, violando apertamente la decisione federale di rinviare tutti i sondaggi, a causa della pandemia legata al coronavirus.
Le elezioni sono solo l’ultimo esempio di come i funzionari del Tigray si comportino come elementi di uno stato indipendente.
All’inizio di quest’anno, l’ex ambasciatore ha guidato il Tigray Friendship Liaison Office, strumento che aiuta i funzionari del Tigray a comunicare con altri governi, consigli commerciali e organismi culturali.
L’attuale partito leader del Tigray, il Tigray People’s Liberation Front (TPLF), ha guidato la lotta armata per rovesciare il brutale regime comunista di Derg nel 1991.
I leader del piccolo gruppo etnico, che costituisce solo il 6% dei 110 milioni di abitanti dell’Etiopia, hanno continuato a controllare la coalizione di governo dell’Etiopia per quasi 30 anni. Fino a che le proteste antigovernative hanno portato Abiy al potere nel 2018.
Il maggior partito di opposizione nelle prossime elezioni rimane il Tigray Independence Party.
Costa d’Avorio
Le elezioni di ottobre in Costa d’Avorio si preannunciano tese, dopo la decisione del presidente Alassane Ouattara di cercare un controverso terzo mandato.
Il presidente 78enne ad una riunione del partito al governo RDHP (Rassemblement des Houphouëtistes pour la Démocratie et la Paix), aveva apertamente sostenuto il primo ministro Amadou Gon Coulibaly alla presidenza.
L’annuncio della candidatura di Coulibaly sembrava porre fine a mesi di speculazioni secondo cui Ouattara avrebbe tentato di prolungare la sua permanenza, eliminando così una grande fonte di attrito tra il RDHP e i partiti di opposizione, in vista delle attese elezioni presidenziali del prossimo ottobre.
La morte improvvisa di Coulibaly, fedelissimo di Ouattara, ha creato un vuoto di leadership nel RDHP.
La rabbia per la ricandidatura di Ouattara si riversò rapidamente nelle strade, con decide di violente proteste scoppiate in ogni angolo del Paese, seguite da arresti arbitrari di diversi sostenitori dell’opposizione.
Un recente rapporto di Amnesty International ammonisce la repressione dell’esercito ivoriano
La crescente tensione minaccia i quasi 10 anni di fragile pace in un Paese che non ha mai attreaversato un’elezione pacifica e democratica.
Nel 2002, un fallito colpo di stato ha innescato una guerra civile che ha sostanzialmente diviso in due la Costa d’Avorio, con il sud controllato dall’allora presidente Laurent Gbagbo e il nord nelle mani dei ribelli delle Forces Nouvelles.
Nel 2010, un voto presidenziale ritardato ha scatenato mesi di violenza post-elettorale, dopo il rifiuto di Gbagbo di dimettersi, quando una commissione elettorale dichiarò come vincitore Ouattara.
Ex-funzionario di primo piano del Fondo Monetario Internazionale, Ouattara, sostenuto dall’occidente, ha presieduto un’economia che si è espansa in media dell’8% ogni anno, da quando ha preso il potere nel 2011. Nena News
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