Redatta una nuova norma che, se approvata, aprirà le porte del carcere a tutti i giornalisti che contraddicano i report “ufficiali” sul numero delle vittime degli attentati terroristici. A monte il terrore del regime di perdere consensi
della redazione
Roma, 6 luglio 2015, Nena News - Si stringe sempre di più la morsa del regime egiziano intorno ai giornalisti: dopo il vademecum pubblicato ieri dal Ministero degli Esteri in cui si intima ai reporter stranieri di non usare più parole come “Stato Islamico”, “Islamisti” o “Fondamentalisti”, ora il governo ha presentato una nuova norma che, se approvata, aprirà le porte del carcere a tutti i giornalisti che contraddicano i report “ufficiali” sul numero delle vittime degli attentati terroristici.
La legge, che andrà ad aggiungersi al pacchetto anti-terrorismo in vigore dall’autunno del 2013, prevede una pena minima di due anni per i reporter che riferiscano “false informazioni sugli attentati terroristici che contraddicono le dichiarazioni ufficiali” e non esclude la deportazione né gli arresti domiciliari.
Una legge resa necessaria, secondo il ministro della Giustizia Ahmed al-Zind, dalla copertura degli attacchi da parte dell’Isis nel Sinai la scorsa settimana, attacchi in cui decine di soldati sono rimasti uccisi: secondo il governo, i media – soprattutto quelli stranieri – avrebbero riportato “cifre errate” delle vittime militari, “esagerando i numeri” e “influenzando il morale” del Paese.
La “guerra dei numeri”, in realtà, era stata causata proprio dalle autorità egiziane: il portavoce militare aveva infatti dichiarato che 21 soldati e più di 100 militanti erano morti negli attacchi del primo luglio e negli scontri che ne erano seguiti, dopo che i funzionari della sicurezza avevano detto che decine di altri soldati erano stati uccisi.
“Il giorno dell’attacco in Sinai – ha commentato Zind all’AFP -alcuni siti hanno scritto 17, poi 25, poi 40, poi 100 morti. Se l’esercito dice 10 morti, non scrivere 20″. “Non c’era altra scelta – ha continuato – che imporre alcune norme. Il governo ha il dovere di difendere i cittadini da informazioni errate”.
Informazioni che il regime teme come la peste per non intaccare la sua immagine sia all’interno che all’esterno del paese, dopo una campagna elettorale fortemente improntata sulla sicurezza, più volte messa in pericolo nell’ultimo anno sia dalla frontiera libica che dalla penisola del Sinai. In quest’ottica si possono leggere le nuove norme del pacchetto anti-terrorismo contro i giornalisti, rei di riportare cifre segnalate da fonti diverse.
“Spero – ha concluso Zind – che nessuno lo interpreti come una restrizione delle libertà dei media. Si tratta solo di numeri”. Ma qualcuno è già sul piede di guerra: “Questo – si legge in una nota diffusa dal Sindacato dei Giornalisti – è un articolo pericoloso che viola la Costituzione. Essa viola il diritto del giornalista di cercare le informazioni da varie fonti e permette alle autorità di agire come censori, e giudici della verità”.
Ma non è tutto. Al vaglio del Parlamento ci sarebbero nuove norme contro la stampa che andrebbero a finire nel calderone del pacchetto anti-terrorismo: secondo indiscrezioni le nuove leggi dovrebbero permettere di sfruttare al meglio le intercettazioni telefoniche e ambientali, di mettere sotto accusa coloro che propagandano materiale considerato terroristico anche tramite web e di estendere i periodi di detenzione preventiva. Nena News
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