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Il giovane blogger, leader delle proteste di piazza Tahrir del 2011, è stato condannato in base alla controversa legge sulle manifestazioni. Ieri il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi aveva promesso di liberare i giovani incarcerati “per errore” durante i mesi di repressione dell’opposizione islamista dopo il golpe del luglio 2013

Il blogger Alaa Abdel Fattah davanti al tribunale del Cairo lo scorso agosto (Foto: Lapresse)

Il blogger Alaa Abdel Fattah davanti al tribunale del Cairo lo scorso agosto (Foto: Lapresse)

di Sonia Grieco

Roma, 23 febbraio 2015, Nena News – Un’altra sentenza si è abbattuta sugli egiziani che nel 2011 occuparono per giorni piazza Tahrir, al Cairo, riuscendo a mettere fine al regime dell’ex presidente Hosni Mubarak. Un tribunale oggi ha condannato a cinque anni di carcere Alaa Abdel Fattah, blogger e attivista diventato uno dei leader di quella sollevazione popolare che seguì l’inizio, in Tunisia, della cosiddetta primavera araba.

Nel 2011 Abdel Fattah si era fatto conoscere per aver dato vita a una campagna contro i processi militari ai civili. Una prassi ancora in auge in Egitto, dove sono centinaia i cittadini giudicati da tribunali militari, organi non indipendenti (rispondono al ministero della Difesa) che hanno comminato pese pesantissime contro gli attivisti laici e gli esponenti dei Fratelli Musulmani.

La Fratellanza è stata messa fuorilegge dall’attuale capo di Stato Abdul Fattah al-Sisi, salito al potere nel 2013 con un golpe che ha messo fine alla presidenza di Mohamed Morsi, primo presidente eletto dopo il 2011 ed esponente della Fratellanza. Ne è seguita una dura repressione che ha portato in cella centinaia di persone e decine di loro sono state condannate a morte.

Da quando è alla guida del Paese, al-Sisi ha emanato, in assenza di un Parlamento, una serie di leggi liberticide volte a limitare l’espressione di ogni forma di dissenso. Norme che hanno colpito i movimenti laici che quattro anni fa avevano fatto di piazza Tahrir il luogo simbolo della rivolta egiziana, e i Fratelli Musulmani. In Egitto lo spazio per il confronto e la contestazione è stato ridotto ai minimi termini. Le manifestazioni sono represse nel sangue, come accaduto nei giorni del quarto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, a fine gennaio, quando la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti uccidendo circa trenta persone.

Abdel Fattah è stato condannato proprio per avere violato una di queste controverse leggi, quella che impone l’autorizzazione governativa alle manifestazioni. Nel 2013 era sceso in piazza assieme ad altri attivisti, nonostante i divieti, e questo gli è costato l’accusa di organizzazione di una protesta illegale e di aggressione a un poliziotto. È finito alla sbarra assieme ai suoi compagni, ai quali sono state inflitte pena dai tre ai cinque anni. In questa riedizione del processo la pena è stata alleggerita, in precedenza, infatti, era stato condannato a 15 anni. Adesso ricorrerà in appello, ha fatto sapere il suo avvocato.

In tribunale gli attivisti presenti hanno scandito slogan contro il “regime militare”. È una sentenza politica, hanno detto i gruppi per i diritti umani, che rientra nel sistema di repressione messo in piedi da al Sisi. Stessa strategia, dicono, applicata a tre giornalisti di Al Jazeera sotto processo per avere diffuso false informazioni durante l’estate del 2003, quando morirono centinaia di manifestanti che contestavano la cacciata di Morsi, e per presunti legami con i Fratelli Musulmani.

I reporter Mohamed Fahmy e Baher Mohamed, scarcerati a metà febbraio dopo 400 giorni di carcere, oggi sono apparsi davanti ai giudici per la riedizione del loro processo. L’udienza è stata però aggiornata. Peter Greste, invece, è stato deportato in Australia dopo essere stato scarcerato all’inizio del mese per decreto presidenziale. In questo processo sono coinvolti anche diversi studenti egiziani che avrebbero dato ai reporter filmati girati con i cellulari.

L’Egitto è in campagna elettorale per le parlamentari di marzo e al-Sisi, che a giugno ha vinto con un voto plebiscitario le presidenziali, sembra non avere rivali. La Fratellanza, che si era aggiudicata la vittoria nelle prime elezioni libere del Paese, è un’organizzazione fuorilegge e i movimenti laici sono stati messi all’angolo. Politici e attivisti sono dietro le sbarre e l’attenzione è focalizzata sui temi della sicurezza e dell’economia. L’ascesa dell’Isis in Libia ha aperto un nuovo fronte per l’Egitto che è intervenuto militarmente sul suolo libico e il terrorismo è l’ultimo spauracchio agitato da al Sisi per avere mano libera nella gestione del Paese. Nena News

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