Per la Corte d’Assise del Cairo l’ex presidente non avrebbe dovuto essere processato. Era accusato di avere ordinato la repressione in cui persero la vita centinaia di persone durante la primavera egiziana, che sancì la fine del suo trentennale regime. Resta comunque in carcere per sottrazione di fondi pubblici destinati ai restauri del palazzo presidenziale. Ieri il Cairo blindata per le manifestaazioni dei salafiti
della redazione
Roma, 29 novembre 2014, Nena News- L’ex presidente egiziano, l’allora ministro dell’Interno Habib El-Adly e alcuni capi dei servizi segreti sono stati prosciolti dall’accusa di complicità nell’omicidio di 239 di manifestanti durante le proteste del 2011. È questo il verdetto della Corte d’Assise del Cairo, che il processo neanche si sarebbe dovuto celebrare.
Durante le sollevazioni del 2011 morirono circa 800 manifestanti e secondo l’accusa fu l’ex presidente a ordinarne la repressione. Tesi oggi respinta dai giudici. Nel 2012 Mubarak ed El-Adly erano stati condannati all’ergastolo. La sentenza fu annullata e si aprì un nuovo processo.
Inoltre, l’ex presidente, i suoi due figli Alaa e Gamal e il magnate Hussein Salem sono stati assolti dalle accuse di corruzione -per un caso di vendita di gas sottocosto a Israele in accordo con Salem- e per tangenti.
L’ex rais, 86 anni, resta comunque in carcere per sottrazione di fondi pubblici destinati ai restauri del palazzo presidenziale, reato per cui è stato condannato a tre anni di detenzione.
Fuori dal tribunale i sostenitori di Mubarak hanno esultato. La città è stata blindata per il verdetto atteso oggi, dopo il rinvio di circa un mese, ma già da ieri c’è stato un massiccio dispiegamento delle forse dell’ordine per le manifestazioni indette dai salafiti, che secondo la stampa locale hanno raccolto scarse adesioni.
Proteste contro l’attuale presidente Abdel Fattah al Sisi a cui la polizia ha risposto con la forza, proprio come è accaduto ai tempi di Mubarak. Il bilancio è di due dimostranti morti per ferite d’arma da fuoco, 25 feriti e 145 arrestati. Ma ci sono stati anche attentati contro militari in cui sono morti due ufficiali.
In quanto a repressione e persecuzione del dissenso, l’Egitto di al Sisi non ha nulla invidiare a quello di Mubarak. La polizia è autorizzata a sparare sui manifestanti (legge 107/2013); l’opposizione, che sia quella laica o quella dei Fratelli Musulmani messi fuori legge dopo avere guidato l’Egitto post-rivoluzione, è punito severamente e di solito è paragonato al terrorismo; nelle carceri si partica la tortura; la stampa è imbavagliata da leggi liberticide, come pure l’attività delle Ong; le università sono blindate dalle forze dell’ordine.
I laici che avevano animato le proteste di piazza Tahrir e gli esponenti della Fratellanza che erano saliti al potere nelle prime elezioni post-rivolta sono perseguitati e minacciati. A migliaia, considerati fuorilegge e terroristi, affollano le prigioni egiziane. Così in piazza ieri c’erano gli uomini del poco noto e ultraconservatore Fronte salafita, che inneggiavano alla “identità islamica dell’Egitto” brandendo il Corano. Chiedevano il ritorno dell’ex presidente Mohammed Morsi, esponente della Fratellanza deposto dal golpe militare del 3 luglio 2013 orchestrato da al Sisi. I Fratelli Musulmani hanno appoggiato la protesta di ieri, la prima organizzata dopo mesi, ma non hanno chiarito se il sostegno si sia tradotto in una presenza dei suoi membri nelle strade.
Secondo testimonianze riportate dalla Reuters, all’adunata più numerosa al Cairo c’erano una cinquantina di persone. Il ministero dell’Interno, invece, ha parlato di 400 manifestanti. Il governo ha usato la Tv pubblica per dipingere una situazione esplosiva e giustificare l’uso della forza. Le ragioni di sicurezza servono alla macchina della repressione e questa comunicazione fatta di presentatori Tv che esortano i soldati a sparare sui “terroristi” nelle piazze e slogan patriottici, sta esacerbando gli animi e rischia di radicalizzare la situazione, diffondendo la paura dell’estremismo di stampo islamista che è presente nel Paese, ma è strumentalizzato per mettere a tacere e screditare l’opposizione. Nena News