Secondo gli ultimi dati forniti dalle Nazioni Unite, l’80% della popolazione ha bisogno di cibo, metà ne ha estremamente bisogno. Gravissima la situazione dei bambini: 2,2 milioni soffrono di “malnutrizione acuta” e quelli sotto i 10 anni muoiono ogni 10 minuti per “malattie che si possono prevenire”
della redazione
Roma, 28 gennaio 2017, Nena News – Lo Yemen è a rischio carestia. A lanciare un nuovo inquietante allarme è stato ieri il Segretario generale per gli affari umanitari dell’Onu, Stephen O’Brien. “Se non si agisce subito – ha dichiarato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu – questo scenario sarà possibile nel 2017”. Dunque è imminente. “Il conflitto yemenita è la prima causa della più grande emergenza mondiale di cibo” ha detto O’Brien che ha poi snocciolato dati drammatici: su 14 milioni di abitanti complessivi, circa l’80% della popolazione necessita di cibo, metà ne ha estremamente bisogno.
A pagare il prezzo più alto sono i bambini: sono 2,2 milioni quelli che soffrono di “malnutrizione acuta, un incremento del 53% rispetto [a quanto registrato] alla fine del 2015 – ha sottolineato il responsabile Onu che ha poi aggiunto – un bambino di età inferiore ai 10 anni muore ogni 10 minuti per cause che si possono prevenire”. La situazione è preoccupante: secondo l’Onu, infatti, le scorte di grano potrebbero finire nel giro di qualche mese perché le banche straniere non accettano più transazioni finanziarie con quelle locali.
Un problema, quest’ultimo, foriero di conseguenze nefaste: il Paese dipende quasi completamente dalle importazioni, molte delle quali giungono nel porto di Hudeida già bombardato dalla coalizione a guida saudita nel 2015. E quando non sono le bombe a impedire l’arrivo degli aiuti umanitari in Yemen, sono i divieti: O’Brien ha puntato il dito contro il blocco anti-houthi perché avrebbe impedito ad una nave che trasportava 4 gru mobili di attraccare. Un problema di non piccolo conto: le gru aumentano infatti le possibilità di consegnare i rifornimenti alimentari quanto mai necessari considerata la situazione in cui versa il Paese.
Alla base della crisi umanitaria (il conflitto ha provocato almeno 10.000 vittime) c’è lo stallo politico e diplomatico. L’Onu ha più volte chiesto alle parti belligeranti (da un lato la coalizione saudita in sostegno del presidente yemenita in esilio Hadi, dall’altro i ribelli houthi e l’ex presidente Saleh) di riattivare il processo di pace. Finora, però, i suoi tentativi sono stati fallimentari. Emblematica, a tal proposito, l’ultima missione nel Paese dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, Ismail Ould Shaykh Ahmed, conclusasi a inizio settimana.
Commentando gli incontri avuti in Yemen, l’alto diplomatico ha duramente attaccato Hadi per aver rigettato la sua proposta di pace. “Il presidente – ha detto Ahmed – continua a criticare le [nostre] bozze senza nemmeno discuterle ostacolando così il sentiero verso la pacificazione”. Secondo la road-map avanzata dall’inviato Onu, il governo di Aden (riconosciuto internazionalmente) e quello ribelle di Sana’a dovrebbero formare un esecutivo di unità nazionale dove l’autorità di Hadi risulterebbe fortemente ridotta. Rafforzata invece sarebbe la figura del vicepresidente cui spetterebbe la supervisione del governo ad interim che dovrebbe traghettare il Paese fino alle elezioni. Agli houthi, in cambio, è stato chiesto il ritiro dalle aree occupate.
Durante la sua ultima missione diplomatica, Ahmed aveva esortato “entrambe le parti a porre fine alla violenza alleviando così le sofferenze del popolo yemenita. “Quello di cui abbiamo bisogno in questa fase – aveva poi sottolineato – non sono solo parole, ma impegno e risultati”. La continuazione della guerra, aveva concluso, causerà “altre morti e un ulteriore peggioramento della situazione economica e umanitaria”. Nena News
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