Al Qaeda controlla e amministra la provincia di Hadramaut e la città di Zinjibar. E si avvicina ad Aden: bandiere nere sui quartieri dove a dettare legge sono i qaedisti
della redazione
Roma, 27 ottobre 2015, Nena News – La battaglia infuria a Taez, terza città dello Yemen, tra ribelli Houthi e forze pro-governative. L’esercito del presidente Hadi, sostenuto dai raid aerei dell’Arabia Saudita, è prossimo alla presa del palazzo presidenziale. Una città strategica: a quasi 200 km a ovest di Aden, è oggi considerata la roccaforte del movimento Houthi.
Nelle stesse ore, all’alba di stamattina, Medici Senza Frontiere in un tweet denunciava l’ennesimo crimine da parte saudita: un raid ha colpito stanotte un ospedale a Saada, pieno di medici, infermieri e pazienti. Per ora non si hanno altri dettagli.
Mentre la guerra ufficiale prosegue, sorda ai continui appelli al negoziato lanciati dalle Nazioni Unite, un altro conflitto sta disegnando il possibile futuro dello Yemen: i gruppi islamisti, per mesi usati da Riyadh per strappare il sud del paese al nemico Houthi, ora si ribellano. Vogliono la loro parte, una fetta che da settimane si stanno ritagliando nelle zone meridionali dove più forte è il sentimento secessionista. Accanto ai movimenti armati che vogliono la separazione del nord dal sud del paese, si affianca una nuova autorità che non è più solo militare ma amministrativa: basta prendere la storica provincia di Hadramaut, parzialmente controllata da Al Qaeda nella Penisola Arabica, che insieme alle tribù locali ha dato vita a veri e propri organi di governo locali. Ad Hadramaut, i qaedisti controllano il porto di Mukalla, il terzo per grandezza dello Yemen, da cui hanno confiscato 6 milioni di dollari di greggio, poi rivenduto al mercato nero.
E dopo aver occupato Zinjibar, capitale della provincia di Abyan (una delle cinque strappate ai ribelli Houthi), ora l’obiettivo è Aden. A luglio, durante la durissima battaglia che ha permesso al governo di riprendere la città, bandiere nere di Al Qaeda sventolavano per le strade, in mano ai miliziani che avevano combattuto al fianco delle truppe fedeli al presidente Hadi. Oggi quelle bandiere non sono più solo in strada, ma nei tetti dei palazzi delle istituzioni. Nei giorni scorsi testimoni e giornalisti hanno riportato di un vessillo nero visto sventolare sopra la stazione di polizia del quartiere di Tawahi. Lo controllano del tutto, dicono i residenti, non affatto sorpresi: “Non c’è lo Stato, non c’è il governo”, dice all’Afp il 32enne Raefat.
Lungo le strade uomini con il volto coperto girano armati, a bordo di motociclette, e aprono il fuoco: sarebbero già sei i morti in simili azioni. È ancora difficile dire se siano legati ad Al Qaeda o all’Isis, in costante crescita nel paese. Attaccano università, supermercati, bar; sparano – dicono – per difendere la Sharia e i buoni costumi. Ieri si sono aggiunte altre due vittime: stavolta, però, si tratta di due membri delle forze pre-governative, uccisi da un kamikaze ad un checkpoint alle porte di Aden.
Il mostro si ribella all’ex alleato perché il bottino è consistente: se Al Qaeda, o l’Isis assumessero il controllo di una zona strategica come Aden e lo stretto di Bab al-Mandeb, la crociata saudita contro il movimento Houthi si rivelerebbe il più grosso fallimento di sempre. Dopo aver lanciato una guerra devastante che ha ucciso oltre 5mila persone dal marzo scorso pur di non dividere il potere istituzionale con la minoranza sciita, Riyadh si ritrova con un paese del tutto destabilizzato dove a dettare legge in molte delle sue province è il braccio più potente di Al Qaeda nel mondo, Aqap: è Aqap che controlla i campi militari, che organizza la resistenza popolare anti-Houthi, che governa al posto dell’esecutivo e del presidente Hadi.
Dopo averli finanziati, dopo aver garantito loro libertà di movimento, in Yemen come in Siria, per sfruttarli a proprio favore, ora re Salman paga le conseguenze della sordida e indiretta alleanza con i qaedisti. Nena News