Oltre un milione di persone hanno partecipato ieri alla giornata conclusiva della grande manifestazione iniziata il 15 giugno. Erdogan risponderà con un mega raduno il 15 luglio e intanto manda la polizia a arrestare 42 dipendenti di due atenei di Istanbul
della redazione
Roma, 10 luglio 2017, Nena News – Poche ore dopo la fine della marcia per la giustizia, 100mila persone per 480 chilometri e oltre un milione per la giornata finale di ieri, la polizia turca ha compiuto stamattina due raid nell’università di Medeniyet e quella di Bogazici, entrambe a Istanbul: 42 persone sono state arrestate su un totale di 72 mandati d’arresto. L’accusa la stessa da un anno a questa parte, appartenenza alla rete dell’imam Gulen, considerato la mente del golpe del 15 luglio 2016.
E, nelle stesse ore in cui una folla oceanica ascoltava il leader del partito repubblicano parlare di giustizia, a poca distanza, sempre ad Istanbul, il segretario di Stato Usa Tillerson ritirava il premio del World Petroleum Council per il suo lavoro di decenni per la Exxon. La conferenza che durerà fino al 13 luglio ospita le compagnie petrolifere ed energetiche leader nel mondo, con Ankara che fa da ospite e che si rilancia come attore centrale nella distribuzione di risorse energetiche dal Medio Oriente all’Europa.
Questo è il quadro a poche ore dalla conclusione di una marcia storica che ha messo in piedi persone di estrazione politica, sociale e economica diversa intorno allo slogan scelto dal Chp, il partito repubblicano: giustizia. Da 15 luglio hanno marciato per 40 km, da Ankara a Istanbul, e sono arrivati ieri vicino alla prigione in cui è incarcerato uno dei deputati del Chp, Enis Berberoglu, ma anche tanti altri oppositori.
Un evento storico che alcuni sono arrivati addirittura a paragonare alla marcia di Gandhi in India. Di certo si è trattato dalla manifestazione più partecipata da anni, da Gezi Park e piazza Taksim. La prima sollevazione pacifica contro il governo dell’Akp e il presidente Erdogan ad un anno esatto dal tentato golpe e dallo stato di emergenza che ha ulteriormente stretto il controllo sulla Turchia.
Dal palco ieri Kemal Kilicdaroglu, leader del Chp, ha parlato di “un nuovo inizio”: “Tutti devono saperlo. Il 9 luglio è un nuovo passo. Un nuovo clima, una nuova storia, una rinasciata. La giornata finale della marcia per la giustizia è un nuovo inizio, non è la fine”.
Erdogan tace: dopo aver mosso le solite accuse ai partiti coinvolti, a partire dall’Hdp che ha aderito in un secondo momento, il presidente ha preferito il silenzio. Alcuni sostenitori dell’Akp hanno provato ad aggredire i manifestanti, fermati dalla polizia, ma Erdogan non ne parla da giorni. È in attesa del 15 luglio, allora risponderà con un mega raduno per l’anniversario, il primo, del fallito golpe.
Ma la marcia di questo mese è difficile da cancellare: ha ridato speranza a molti, ha messo insieme persone con esigenze e richieste apparentemente diverse e avvicinato i partiti di opposizione, i sindacati, i quotidiani di opposizione, tutti presenti ieri in piazza sotto una sola parola: giustizia. E ha permesso di individuare le priorità, dieci punti letti dal palco da Kilicdaroglu: identificare i responsabili politici del golpe, ridare al parlamento la sua autorità, cancellare lo stato di emergenza, porre fine alla morte civile delle vittime dello stato di emergenza, garantire l’indipendenza della magistratura, rilasciare giornalisti e parlamentari, ristabilire la democrazia parlamentare, combattere disoccupazione e porvertà e perseguire una politica estera pacifica e giusta. Nena News
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