In Turchia dove anche il calcio è terreno di conflitto, la storia dell’Amedspor è in primo luogo la storia di Diyarbakir e del popolo curdo.
di Francesca La Bella
Roma, 12 febbraio 2016, Nena News - “I bambini non devono morire, fateli venire alla partita”: con queste parole, stampate in lettere rosse e verdi, i giocatori della locale Amedspor sono scesi in campo a Diyarbakir prima del match di coppa dello scorso martedì con il Fenerbache. Senza i propri tifosi, a causa dei divieti della federazione calcistica turca, TFF, e con le curve coperte da lunghi striscioni animati che simulavano la presenza dei supporter, la squadra di terza categoria è riuscita ad ottenere un impensabile pareggio con la capolista del campionato nazionale.
La valenza di questa impresa trascende, però, dal mero ambito calcistico e diventa significativa per interpretare il contesto in cui questi eventi si inseriscono. Ormai da molti mesi, nelle provincie curde del sud della Turchia, dopo qualche anno di apparente calma, sono riesplosi i combattimenti e alcuni quartieri come Sur (Diyarbakir) e comuni come Cizre e Silopi sono stati sottoposti a lunghi periodi di coprifuoco. I report di comitati locali e organizzazioni internazionali per i diritti umani parlano di centinaia di arresti, feriti e morti dall’inizio degli scontri, tra i quali anche molti minori, la già povera economia della regione è ormai praticamente inesistente e i danni alle infrastrutture sono incalcolabili. L’Amedspor e i suoi tifosi, nella quasi totalità appartenenti alla comunità curda, sono parte di questa realtà e i fili della vicenda calcistica si sono, così, uniti con la più ampia questione politica.
All’inizio di febbraio, dopo la vittoria con il Bursaspor, la sede della società è stata perquisita dai reparti anti-terrorismo ed al giocatore Deniz Naki, reo di aver celebrato con un tweet il passaggio ai quarti di finale, dedicandolo al popolo curdo, è stata comminata una multa di 19500 lire turche ed una squalifica di dodici giornate. Durante le precedenti partite, la grande sorpresa calcistica dell’edizione 2015-2016 della coppa di Turchia era già stata oggetto dell’attenzione della TFF e delle forze di sicurezza turche. Numerosi arresti sia ad Istanbul in occasione del match con il Başakşehirspor sia a Bursa, trasferte vietate e sanzioni a causa dei cori e degli striscioni a favore della resistenza curda.
Il rapporto conflittuale tra il club e la TFF inizia, però, ben prima degli eventi degli ultimi giorni. Alla fine del 2014, il direttivo della società decise di cambiare il nome della squadra da Diyarbakır Büyükşehir Belediyespor ad Amedspor, sostituendo, quindi, il nome turco della città, Diyarbakir, con la tradizionale denominazione curda, Amed, e di assumere come colori societari il rosso, il giallo e il verde, in quanto colori nazionali del Kurdistan. Nei mesi successivi numerose sanzioni vennero comminate alla squadra e alla tifoseria per la nuova denominazione e per “propaganda ideologica” per i cori a favore della resistenza di Cizre cantati nelle curve durante le partite di campionato.
Gli eventi accaduti durante la partita di martedì, ultimo atto di un lungo processo, acquistano, sotto questa luce, un significato complessivo ancor più ampio e restituiscono un immagine di conflitto sul campo da calcio, specchio della guerra in corso al di fuori dei muri dello stadio. Mentre all’esterno i tifosi venivano caricati con idranti e lacrimogeni, all’interno l’atmosfera risultava surreale: un F16 dell’esercito turco sorvolava il campo da gioco, le gradinate erano presidiate da agenti armati e i calciatori della squadra curda, per il primo minuto di gioco, sono rimasti fermi a mani giunte mentre i giocatori del Fenerbache palleggiavano tra loro.
Ulteriore esempio delle tensioni sul campo e della risposta dei media turchi è il gesto di Sehmus Ozer, calciatore dell’Amedspor, che, dopo aver segnato il primo gol della sua squadra, ha mostrato all’indirizzo dei dirigenti del TFF la maglia di Deniz Naki, dedicando a lui la rete. Come durante i primi giorni della rivolta di Gezi park, gli attivisti turchi denunciavano la mancata copertura degli eventi e la proiezione di documentari sui pinguini sui canali statali, la provocazione di Ozer, come affermato da Mehul Srivastava sulle colonne del Financial Times, è stata oscurata dalle telecronache attraverso numerosi replay del gol.
In campo sportivo, il prossimo atto sarà il match di ritorno che si svolgerà ad Istanbul martedì 1 marzo nel quale l’Amedspor giocherà con la speranza di giungere in semifinale e scontrarsi con la vincitrice del confronto tra Besiktas e Konyaspor. Una partita vissuta come rivalsa di una squadra di terza categoria contro i giganti del calcio turco, una partita vissuta con il supporto di un intero popolo che, nella squadra di Diyarbakir-Amed, vede il simbolo delle vittorie considerate impossibili. Nena News
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