Arrestato per la nona volta lo scorso giugno senza capi d’accusa e posto per nuovamente in detenzione amministrativa dalle autorità di Tel Aviv, il prigioniero palestinese che nel 2012 con il suo sciopero della fame durato 66 giorni riuscì a guadagnarsi la libertà ora è debilitato e ammanettato a un letto
della redazione
Roma, 11 giugno 2015, Nena News - Portato a forza in ospedale, legato al letto e guardato a vista da tre poliziotti israeliani. Queste le condizioni di Khader Adnan, 37 anni, uno dei più famosi prigionieri palestinesi attualmente in detenzione amministrativa nelle carceri israeliane, a pochi giorni dall’inizio di un nuovo sciopero della fame per i diritti dei detenuti palestinesi dopo quello del 2012 durato 66 giorni. Adnan, arrestato per la nona volta un anno fa senza alcuna accusa formale a suo carico (in tutto ha passato sei anni della sua vita nelle prigioni israeliane senza che gli siano stati rivelati i suoi capi d’accusa), da giorni rifiuta il cibo e i trattamenti medici: così i suoi carcerieri hanno pensato bene di ospedalizzarlo con la forza, trasportandolo dalla prigione di Ramle al nosocomio Assaf Haroteh.
Adnan, secondo il suo legale Jawad Boulos, si era opposto al trasporto in ospedale perché sapeva che avrebbe comportato il suo incatenamento a letto. Un altro curioso trattamento a lui riservato, dal momento che secondo il regolamento carcerario israeliano è proibito legare un detenuto al letto a meno che “non si rischi che fugga o che aiuti altri a fuggire, causi danno a persone o cose, danneggi o distrugga le prove, riceva o trasporti oggetti che potrebbero essere usati per commettere un crimine o minare la sicurezza del luogo di custodia”. Non è chiaro quale di queste azioni possa compiere un uomo debilitato – a detta degli attivisti israeliani che lo avevano visitato venerdì scorso – in sciopero della fame.
Tre anni fa lo sciopero della fame iniziato tra gli altri da Adnan e Samer Issawi, durato 66 giorni, era diventato endemico: centinaia di prigionieri palestinesi vi avevano aderito in diverse carceri israeliane, per protestare contro l’uso indiscriminato della detenzione amministrativa e le restrizioni a essa correlate, come il divieto di ricevere visite, i prolungati periodi costretti in isolamento e la mancanza di un processo chiaro e pubblico. Lo sciopero aveva costretto le autorità israeliane alla liberazione di molti detenuti, alcuni dei quali – tra essi anche Adnan – sono stati arrestati nuovamente soprattutto a seguito della scomparsa dei tre giovani coloni israeliani in Cisgiordania nel giugno scorso, episodio che ha scatenato la rappresaglia israeliana contro la Striscia di Gaza.
Eredità del mandato britannico, la pratica di detenzione amministrativa è ancora largamente usata dalle autorità israeliane contro i palestinesi a partire dall’occupazione del 1967 seppur proibita dal diritto internazionale. L’associazione per il sostegno dei detenuti palestinesi e per i diritti umani Addameer illustra bene le cifre dell’uso di questa pratica da parte da Tel Aviv: se nel 2002, all’alba della seconda Intifada, solo 12 palestinesi risultavano detenuti senza accuse né processo, nel 2003 essi erano più di mille. Negli anni i numeri hanno fluttuato a seconda della situazione politica, attestandosi nel 2014 a circa 192 prigionieri amministrativi: tra loro attivisti, politici, semplici cittadini, ma anche donne e bambini. Nena News
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