Dal 2000 l’esercito israeliano ha chiuso la principale arteria di Hebron, già difficilmente accessibile dal 1994 quando il colono Goldstein uccise 29 palestinesi. Ieri proteste nella città occupata. Ma non solo: anche l’Italia è scesa in strada.
della redazione
Gerusalemme, 28 febbraio 2015, Nena News – Per il quindicesimo anno di seguito, Hebron ha chiesto ieri al riapertura della sua arteria principale, Shuhada Street, via dei martiri. Chiusa dal 2000 per ordine militare, nonostante una sentenza della Corte Suprema imponga di far cadere il provvedimento e ridare la strada alla città, Shuhada Street è oggi una via fantasma.
Per protestare, ancora una volta, contro la violazione della stessa sentenza israeliana, ieri la Hebron palestinese – la cui città vecchia resta occupata dai coloni israeliani, divisa in due tra Autorità Palestinese e governo israeliano dal 1995 – è scesa in piazza. In centinaia hanno chiesto la riapertura di Shuhada Street. L’esercito israeliano ha tentato di disperdere la protesta attaccando i manifestanti con gas lacrimogeni, proiettili di gomma e veri: due gli arrestati, 15 i feriti, tra cui tre colpiti da pallottole, Abdul-Majd ‘Amro, Issa Mahmoud ‘Amro e Anas ‘Amro.
Tra gli arrestati anche il 22enne Hijazi ‘Obeido, studente di legge e attivista della coalizione Youth Against Settlements, che ha organizzato la manifestazione insieme ai partiti nazionali palestinesi e ai comitati popolari della Cisgiordania. Issa ‘Amro, leader della coalizione, ha riportato di un uso eccessivo della forza da parte israeliana contro una manifestazione pacifica che non solo intendeva chiedere la riapertura di Shuhada ma anche la fine dell’espansione coloniale e la cancellazione della visita del premier Netanyahu a Hebron e nella moschea di Abramo, prevista per i primi di marzo. Di nuovo, una passeggiata elettorale che potrebbe accedere le tensioni sempre vive nella città occupata.
E se l’esercito ha imposto la chiusura del cuore della città vecchia di Hebron nel 2000 già dal 1994, a seguito del massacro nella moschea di Abramo compiuto dal colono israeliano Baruch Goldstein che uccise 29 palestinesi il 25 febbraio 1994, la strada è off limits: oltre 520 negozi chiusi per ordine militare, altri 700 per mancanza di clienti, 100 blocchi stradali, checkpoint in ingresso, divieto assoluto per i palestinesi residenti e non di muoversi in auto. Shuhada Street è oggi una via fantasma, l’opposto di quanto fosse prima, il cuore economico e sociale della città più ricca della Cisgiordania: era la sede del mercato di frutta e verdura, della stazione degli autobus e dei taxi, piena di negozi e attività commerciali e culturali.
Vietato ai palestinesi non residenti di entrare, mentre le poche famiglie rimaste vivono in un costante stato di assedio: non possono spostarsi in macchina e subiscono le violente vessazioni di coloni ed esercito. “L’occupazione israeliana ha imposto ai residenti palestinesi della città un regime di trasferimenti forzati, coprifuoco, chiusure di negozi, chiusure di strade, checkpoint militare, assoggettamento alla legge militare, frequenti perquisizioni e arresti senza accuse – spiegano gli attivisti di Youth Against Settlements – Questo ha spinto circa 15mila palestinesi a lasciare le proprie case nella città vecchia di Hebron, oggi città fantasma. L’occupazione israeliana ha chiuso Shuhada Street alle automobili palestinesi nel 1994, dopo il massacro alla Moschea di Abramo, e poi ha impedito ai non residenti nell’area di entrarvi a partire dal 2000, al fine di garantire la sicurezza dei 600 coloni che occupano il centro di Hebron”.
Ma ieri non si è manifestato solo a Hebron: proteste si sono svolte, come ogni venerdì, in tante altre comunità della Cisgiordania, da Abu Dis a Bi’lin. E si è manifestato anche in Italia: la campagna “Open Shuhada Street”, organizzata da AssoPace Palestina, ha portato in giro per il nostro paese dal 9 febbraio a ieri le istanze della popolazione di Hebron. La risposta che la società civile italiana manda alla sua classe politica, ieri tanto spaventata da non riuscire a prendere alcuna decisione in merito allo Stato di Palestina. Nena News