Nel “giorno di Gerusalemme”, il Premier israeliano ribadisce l’indivisibilità della “capitale”. Intanto ancora un caso Livni nella coalizione governativa.
di Roberto Prinzi
Roma, 28 maggio 2014, Nena News – “Era una capitale senza una via d’uscita con un orizzonte ristretto, e in un giorno tutto è cambiato. Le mura sono cadute e noi, come una fiumana umana, siamo arrivati al Muro Occidentale”. A parlare non è un poeta. Ma il Premier israeliano, Benyamin Netanyahu. Lo ha fatto stamattina ricordando gli attimi che hanno preceduto la “conquista” di Gerusalemme durante la Guerra dei Sei Giorni .
Oggi, infatti, gli israeliani celebrano il “giorno di Gerusalemme” ovvero la conquista della parte orientale della “capitale” avvenuta il terzo giorno della brevissima guerra del 1967. Israele ha successivamente annesso questa parte della città. Un atto, che però preme ricordarlo, non è mai stato riconosciuto internazionalmente.
Ma al di là della metafora poetica della fiumana umana, Netanyahu è stato molto chiaro e diretto come sempre: “Quarantasette anni fa, Gerusalemme è stata unificata e mai più sarà divisa” ha detto in una sessione parlamentare straordinaria. Ma affermare l’indivisibilità della “capitale” (e quindi annettere anche la parte orientale che dovrebbe essere la capitale del futuro stato di Palestina) vuole dire in soldoni chiudere qualunque prospettiva di pace (ma c’è davvero?) con la controparte palestinese guidata dal fin troppo accondiscendente Abbas. Punto su chi l’Autorità Palestinese non vuole proprio negoziare. A ribadirlo oggi all’Agenzia di Stampa palestinese Wafa è stato il portavoce del Presidente Palestinese, Nabil Abu Rudeina. “La posizione palestinese, araba e internazionale afferma che Gerusalemme Est è la capitale del futuro stato di Palestina. Non ci sarà mai nessun accordo senza questa solida verità”.
In occasione del “giorno di Gerusalemme” sono attese decine di migliaia di israeliani al Muro Occidentale in un evento che storicamente è caratterizzato da tensioni, scontri e provocazioni con i palestinesi i quali, giorno dopo giorno, sono sempre più stranieri nella loro città (quando riescono ancora a rimanerci).
Mentre il mondo politico israeliano lavora per definire la lista finale dei candidati che dovranno gareggiare a breve per sostituire Shimon Peres alla Presidenza della Repubblica, fanno rumore ancora una volta le dure parole di Tzipi Livni, Ministro di Giustizia dell’attuale governo israeliano nonché capo negoziatrice nelle trattative di pace con i palestinesi. Le osservazioni della leader del “centrista” HaTnu’a, fatte ad ad un gruppo di ex ufficiali dello Sayeret Matkal [una unità speciale delle Forze armate israeliane, ndr], risalgono a due settimane fa. Tuttavia sono state rese note solo ieri dal Canale 10 israeliano.
“Siamo sì un piccolo stato che è circondato da nemici, ma questa realtà serve ai politici perché in questo modo sono esentati dal prendere decisioni difficili”. E fin qui, nonostante la durezza, niente di nuovo e particolarmente grave. Ma poi Livni ha rincarato la dose: “di recente, ho sentito il termine ‘Olocausto’ un bel po’ di volte. Anche questa parola serve a quei politici che hanno costruito le loro carriere sulle minacce. Serve solo a fuggire quando arriva il tempo di decidere”. “Noi ci chiediamo se abbiamo un partner per la pace – ha aggiunto il Ministro – “ma siamo pronti noi a prendere decisioni difficili?”.
Ora resta da capire se le critiche (chiarissime) a Netanyahu saranno silenziosamente incassate dal navigato premier israeliano o, al contrario, porteranno ad una definitiva rottura tra i due. Che il loro rapporto fosse ai minimi termini è cosa nota. Dal collasso delle trattative con i palestinesi (il 24 aprile scorso) i due sono praticamente separati in casa. La scorsa settimana, il quotidiano israeliano Ma’ariv aveva rivelato che il Primo Ministro era sul punto di allontanarla dal governo per insubordinazione.
Il motivo dell’arrabbiatura di Netanyahu era stato l’incontro segreto di Livni con il Presidente palestinese Abbas a Londra. Il Premier era seriamente deciso a cacciarla dal governo, ma, secondo le ricostruzioni giornalistiche del Ma’ariv, sarebbe stato frenato dal leader di Yesh Atid, Yair Lapid. Secondo Lapid, infatti, un eventuale allontanamento di Livni avrebbe potuto causare la dissoluzione della coalizione di governo.
Guai ancora, dunque, per la maggioranza. Non bastavano i tanti capricci e i ricatti di “Casa Ebraica” del leader dei coloni Naftali Bennet. Tuttavia Netanyahu, da astuto stratega, sa che su un elemento può sempre contare in caso di difficoltà, sa che un vecchio palliativo contro tutto i mali della coalizione c’è sempre: l’intransigenza contro i palestinesi. Perché nonostante la retorica e gli atteggiamenti siano differenti, per tutti i parlamentari di maggioranza, Gerusalemme è la “capitale unita e indivisibile di Israele”. Nena News